Su RaiPlay dal 27 novembre il corto sugli hikikomori

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“Ho tutto il tempo che vuoi” è il corto diretto da Francesco Falaschi, con Cecilia Dazzi e Luigi Fedele, sul fenomeno sociale degli hikikomori, dal 27 novembre (Giornata Nazionale sulle DIpendenze Tecnologiche e Cyberbullismo) su RaiPlay.

Hikikomori è un termine giapponese che indica chi ha scelto di ritirarsi dalla vita sociale, giungendo a livelli estremi d’isolamento, con abbandono della scuola nella fascia 15-19 anni. In Italia, oggi, più di 100.000 ragazzi sono vittime di questo fenomeno sociale“.

Inizia con queste parole Ho tutto il tempo che vuoi, il cortometraggio di 26’ minuti diretto da Francesco Falaschi (Quanto Basta), disponibile dal 27 novembre su RaiPlay in occasione della quinta Giornata Nazionale sulle Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo, con Rai Pubblica Utilità che renderà accessibile il cortometraggio attraverso l’audiodescrizione per i non vedenti ed i sottotitoli per i non udenti.

In Italia negli ultimi anni si è sentito parlare sempre più spesso dei cosiddetti “hikikomori”, ovvero persone che abbandonano progressivamente le attività scolastiche, extrascolastiche o lavorative per ritirarsi in isolamento nella loro casa o nella loro stanza per periodi prolungati di tempo, indicativamente da sei mesi fino a diversi anni. Le persone che vivono in ritiro sociale volontario rinunciano a poco a poco alle relazioni con chi aveva fatto parte della loro vita, talvolta anche con i familiari, e spesso occupano il tempo impegnandosi in varie attività su internet, per esempio tenendosi in contatto gli uni con gli altri su forum e chat o guardando film e serie tv.

Questo fenomeno è stato individuato dapprima in Giappone, dove è diventato una questione sociale di rilievo, ma da almeno una quindicina d’anni è piuttosto presente anche in Italia, dove però è ancora molto poco studiato.

Gli hikikomori sono stati spesso definiti “eremiti dei tempi moderni” e la loro situazione può dipendere da moltissimi fattori diversi. Il loro non è un disturbo riconosciuto a livello scientifico e va distinto anche dalle diverse psicopatologie alle quali può comunque essere collegato, come la depressione o la dipendenza da internet. È stato osservato perlopiù in società fortemente competitive e coinvolge soprattutto adolescenti e giovani adulti, motivo per cui negli ultimi anni hanno cominciato a interessarsene anche le scuole e le istituzioni.

Il progetto per la realizzazione di Ho tutto il tempo che vuoi è nato nell’ambito della collaborazione tra la Scuola di cinema e il Coeso Società della Salute di Grosseto, che hanno sentito l’urgenza della messa in scena di questo racconto per la connessione tra ritiro sociale e dipendenze digitali. Le riprese sono avvenute nel febbraio 2020, prima del lockdown dovuto alla pandemia. La regia del corto, a cura di Francesco Falaschi, si è configurata come un workshop con gli allievi della Scuola di cinema di Grosseto. Anche la sceneggiatura, dello stesso Falaschi e di Alessio Brizzi, è stata scritta all’interno di un’esperienza laboratoriale dei corsisti della stessa Scuola di Cinema.

A raccontare questa storia intensa tra un’educatrice e un adolescente isolato dal mondo, sono rispettivamente, l’attrice e paroliera Cecilia Dazzi (La Porta Rossa, Habemus Papam) che interpreta Sara Melli, e il giovane attore Luigi Fedele (Io ti cercherò, Quanto Basta) che veste i panni del diciassettenne Matteo.

Matteo ha deciso da tempo di non andare più a scuola e di vivere recluso nella sua cameretta, passando il tempo al computer. A cercare di aiutarlo interviene Sara, un’educatrice chiamata in causa dalla scuola e dai servizi sociali dal momento che la madre non è in grado di affrontare da sola il problema. La sfida è semplice e complicata allo stesso tempo: Matteo dovrebbe rientrare a scuola entro tre mesi per non perdere di nuovo l’anno scolastico. L’abilità professionale di Sara ha successo e dopo una serie di incontri, anche con toni accesi, Matteo rientra a scuola. Un passo falso di Sara, però, mette in discussione tutti i progressi fatti fino a quel momento. Ma un’inattesa scoperta da parte di Matteo potrebbe ancora evitare il fallimento.

Prodotto da Associazione culturale Storie di Cinema in collaborazione con Rai Cinema, il corto, come dichiara il regista Francesco Falaschi, “ha come obiettivo e come esigenza, quello di fare luce su una pratica tanto delicata e attuale, quanto pericolosa per la sua diffusione tra i giovanissimi”.  E aggiunge che è “necessario portare avanti campagne di sensibilizzazione, anche col cinema e l’audiovisivo”. “Il nostro lavoro – conclude il regista- è stato proposto (e premiato) in tanti festival: l’apprezzamento è il segno che siamo riusciti a veicolare un messaggio positivo anche partendo da una tematica complessa e dolorosa”.