“PIUMA”: LA RECENSIONE

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Ferro e Cate devono dare ancora gli esami di maturità, ma hanno un problema, aspettano un bambino. Genitori, nonno e amici, tutti si mobilitano e vengono travolti dalla situazione. Perché i due sono indecisi a tutto tranne che a una cosa: l’amore per Piuma, che vorrebbero leggera come il suo nome, in questo mondo così pesante, incasinato, incerto.

Sorta di Juno (il film americano rivelazione del 2007) alla romanesca, la commedia scorre che è un piacere, rischiando l’impalpabilità e il bozzetto tosco-trasteverino. Le qualità migliori di Roan Johnson, londinese cresciuto a Pisa, sono il senso dell’umorismo apparentemente popolaresco (in realtà decisamente raffinato) e il lavoro sugli attori. Lo si è notato nel pimpante i primi della lista, in Fino a qui tutto bene e soprattutto nella seria tv giallo-comica I delitti del BarLume, lo si ribadisce qui assistendo alle performances delle due new entry (18 anni) nel mondo del cinema Luigi Fedele e Blu Yoshimi Di Martino, spontanei, divertenti, autentici. Di contorno, una second line di grande professionalità (come gli spassosi padri Sergio Pierattini – di lui – e Francesco Colella – di lei).

Qualcuno (non a torto) potrebbe definirla commedia piaciona, qualcun altro lamentare la gratuità di certe complicazioni (tipo quel che succede alla fisioterapista “spannata”, decisamente una forzatura sia nel comico che nel patetico). Ma d’altro canto: se tutti i film con e per i giovani Made in Italy avessero la stessa cura nella recitazione, la stessa leggerezza nel trattare anche temi piuttosto pesanti e la stessa carica di vitale positività (senza contare che la gag visiva dei due che nuotano sopra la città è suggestiva) allora non staremmo a parlare di crisi della della risata all’italiana. Proiettato a Venezia, è stato al centro di polemiche e di questioni che decisamente non merita e soprattutto non possiede “il fisico” per sopportarle.