#Pesaro58 – Incredible But True – La recensione

La nostra recensione del nuovo film di Quentin Dupieux presentato in anteprima alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema – Pesaro Film Festival

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Bentornati nel mondo di Quentin Dupieux. Dove, come nell’instant-cult di Venezia 2020 Mandibules, due balordi possono ritrovarsi una mosca gigante nel bagagliaio (e tentare di addestrarla per far soldi) o, come in Doppia pelle, un uomo può essere tanto ossessionato dal suo abbigliamento in puro daino da pretendere di essere l’unica persona a indossare una giacca. Insomma, nei film del regista francese (e musicista, con lo pseudonimo di Mr. Oizo) accadono davvero cose Incredible But True, come da titolo del lungometraggio (in originale Incroyable mais vrai) in anteprima alla 58ma Mostra Internazionale del Nuovo Cinema – Pesaro Film Festival (dopo essere passato anche all’ultima Berlinale) e prossimamente in sala per I Wonder Pictures (ma a Cannes 2022 l’attivissimo cineasta ha già portato il successivo Fumer fait tousser).

Stavolta, l’incredibile (ma vero) riguarda la vita di due coppie borghesi contemporanee: quella formata da Alain (Alain Chabat) e Marie (Léa Drucker) e quella formata da Gérard (Benoît Magimel) e Marie (Roxane Arnal). La prima scopre che la loro nuova casa ha un condotto dalle proprietà fisiche mirabolanti: chi vi passa, infatti, oltre a sbucare dal piano di sotto a quello di sopra, si ritrova ogni volta proiettato dodici ore nel futuro, e (soprattutto) col corpo ringiovanito di tre giorni. Un prodigio che potrebbe però nascondere qualche insidia. Un po’ come il più recente ritrovato dell’industria tecnologica: un… pene elettronico, che Gérard (principale di Alain al lavoro) si è fatto impiantare in Giappone al posto del precedente. Perché lo avrebbe fatto? Ma perché è telescopico, cambia misura a comando, ha tre modalità di vibrazione, puoi filmare ciò che “vede” e, naturalmente, non teme alcuna defaillance nelle prestazioni. Salvo guasti, beninteso.

In effetti, la cosa più assurdamente vera dei film di Dupieux, sotto la pelle di commedia surreale più o meno nera, sono proprio gli esseri umani con la loro sovrana idiozia. E stavolta, in quello che il Direttore di Pesaro 58 Pedro Armocida ha presentato non a torto come un «piccolo apologo fulminante», la parabola oltre i confini dell’apparentemente (im)possibile si fa satira sottilmente calibrata della famiglia benestante nell’Occidente avvitato sui propri tic, le proprie velleitarie manie di (im)potenza e le proprie fobie. Crudele e a un tempo leggero, come se i Coen avessero incontrato Woody Allen, memori gli uni e l’altro della lezione di Buñuel (si pensi alle formiche che rimandano beffardamente a Un chien andalou).

La società, ancora una volta, è orfana di coordinate non solo morali, politiche e culturali, ma persino logiche – posto che ne abbia mai avute. E il tempo per l’elaborazione del lutto, d’altronde, è finito da un pezzo. Oggi restano solo i circoli chiusi di donne e uomini persi nelle loro vanità di diventare virilmente super-accessoriati o di restare eternamente giovani – in un sistema fondato sulla vendita di questa ed altre chimere. E lo sberleffo del regista (come di consueto anche sceneggiatore, direttore della fotografia e montatore) non risparmia nemmeno le convenzioni del climax narrativo, comprimendo e accelerando il crescendo parossistico della seconda parte in un’impagabile macro-sequenza dalle musiche (di Jon Santo) soavemente irridenti. Lasciandoci, improbabili Dorian Gray postmoderni, a ridere dei vecchissimi giovani che dunque siamo.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
pesaro58-incredible-but-true-la-recensioneBentornati nel mondo di Quentin Dupieux. Dove, come nell’instant-cult di Venezia 2020 Mandibules, due balordi possono ritrovarsi una mosca gigante nel bagagliaio (e tentare di addestrarla per far soldi) o, come in Doppia pelle, un uomo può essere tanto ossessionato dal suo abbigliamento in...