Variety lo ha definito un film “destinato a fare la storia”, il direttore artistico della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia Alberto Barbera, invece, “un thriller di forza politica impressionante”, ora Tatami – Una donna in lotta per la libertà di Guy Nattiv (Premio Oscar nel 2019 per il cortometraggio Skin) e di Zar Amir (Migliore Attrice a Cannes 2022 per Holy Spider) arriva al cinema, dal 4 aprile grazie a BiM Distribuzione. E i motivi per vedere un film comunque unico, sin da dietro la macchina da presa, sono tanti, soprattutto in questo momento storico.
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IL FATTO
Durante i campionati mondiali di judo a Tiblisi, in Georgia, la judoka iraniana Leila e la sua allenatrice Maryam, decise a portare a casa la medaglia d’oro, ricevono un ultimatum da parte della Repubblica Islamica che intima alla sportiva di fingere un infortunio e perdere la gara, pena l’essere accusata di tradimento dello Stato. Vedendo minacciata la propria libertà e quella della sua famiglia, Leila si trova ad affrontare una scelta impossibile.
L’OPINIONE
Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, diretto dalla regista e attrice Zar Amir, vincitrice del premio per la miglior interpretazione a Cannes 2022 per Holy Spider, e dal regista Guy Nattiv, Premio Oscar nel 2019 per il cortometraggio Skin, Tatami – Una donna in lotta per la libertà è il primo lungometraggio co-diretto da una regista iraniana e un regista israeliano. Un tappeto al confine tra l’Europa e l’Asia diventa non a caso metafora di una lotta personale, politica e sociale, che i registi restituiscono con l’eleganza del bianco e nero, il rigore di una narrazione essenziale, asciutta (soprattutto nella prima parte) e una messa in scena tesa, senza orpelli, concentrata, capace di tenere il pubblico con il fiato sospeso. La storia è frutto della fantasia degli sceneggiatori, ma racconta dei tanti atleti iraniani costretti a subire odiose imposizioni dal proprio Paese, tra dignità calpestata, resilienza, ostinata ricerca della propria libertà. Nella scena in cui si toglie l’hijab per farsi medicare durante un incontro e poi continua a combattere a testa scoperta la protagonista compie lo stesso gesto delle manifestanti iraniane impegnate a protestare nelle scuole e nei cortei. Nei panni di Maryam c’è la stessa co-regista.
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Per motivi diversi, ma non troppo, recuperate Race – il colore della vittoria di Stephen Hopkins.