Troppo facile presentarlo come l’ultimo film di Julian Sands (che speriamo di vedere nell’altro The Last Breath da lui interpretato), il The Piper distribuito al cinema da Vertice 360 a partire dal 18 gennaio è un film interessante, a prescindere dal giudizio critico che ciascuno possa sviluppare in merito. Scritto e diretto dal Erlingur Thoroddsen, che già si era occupato di infanzia nel suo Child Eater (sia il corto, sia l’adattamento del 2016), il film sfrutta l’immagine tradizionale del Pifferaio Magico, di Hamelin per costruire un horror che mescola gore e tradizione popolare, sull’onda della tendenza recente a rileggere favole e figure care ai bambini come Winnie the Pooh, Topolino e altri.
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IL FATTO
Alla giovane Mel (Charlotte Hope), aspirante compositrice e flautista dell’orchestra diretta dal misogino Gustafson (Sands), viene data l’occasione della vita quando riceve l’incarico di completare il concerto al quale stava lavorando la sua defunta mentore, morta cercando di bruciare i figli di pentagramma contenenti le note di quella che si rivelerà essere una melodia maledetta. Una musica che, se suonata, può scatenare forze malvagie e avere conseguenze mortali, che rischiano di stravolgere la vita dei musicisti e dei bambini da sempre oggetto delle mire del Pifferaio magico.
L’OPINIONE
Un intrigante inizio da thriller soprannaturale sfida le aspettative degli spettatori, soprattutto quelli attratti dalle evocative immagini della presentazione di questa versione horror della storia tradizionale del pifferaio di Hamelin, il protagonista della fiaba raccontata (anche) dai fratelli Grimm, chiamato a liberare la cittadina dai ratti e celebre per essersi vendicato della disonestà del locale borgomastro rapendo i bambini del luogo, ipnotizzati dal suono del suo strumento. Ma nel film di Thoroddsen la tanto attesa creatura si fa desiderare a lungo, lasciando spazio al desiderio di affermazione ed emancipazione della protagonista e al suo complicato rapporto con la figlia, oltre che – ovviamente – ai tanti indizi di una oscurità pronta a prendere il sopravvento disseminati sin dal prologo.
Nel quale si inizia subito a sentire la melodia maledetta che farà ritorno a più riprese, svolgendosi la vicenda tutta intorno all’orchestra diretta dall’ambiguo e ossessivo Gustafson di Julian Sands. Tra false promesse, inganni e indagini personali, jumpscare annunciati quanto garbati e qualche facilmente riconoscibile riferimento – anche piuttosto casereccio – al cinema di genere del secolo scorso (anche italiano), soprattutto nell’uso dell’elemento infantile e di quello sonoro, l’horror prende però il sopravvento, con esplosioni di gore e un finale nel quale sembra finalmente acquistare senso lo stipendio degli artisti digitali coinvolti.
Diseguale, a tratti affidato a svolte narrative troppo forzate o superficiali, The Piper mostra comunque degli elementi interessanti. O almeno capaci di incuriosire. Sia sotto l’aspetto visivo, sia concettuale, con la – fin troppo prevedibile e didascalica – teorizzazione della necessità naturale di un equilibrio nel caos che domina l’universo e nell’importanza della potenza della musica, fondamentale nel trovare tale bilanciamento. Prima ancora – e a prescindere – del finale che, con smodato ottimismo, pone le basi per un ideale prosecuzione. Che potrebbe avere il sicuro merito di dare più spazio al magico quanto malefico pifferaio e ai suoi piccoli accoliti, nel bene e nel male.
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Sicuramente difficili da recuperare, sarebbe interessante poter confrontare la versione in sala con quelle del The Piper coreano del 2015 diretto da Kim Gwang-tae e ambientato negli anni ’50 durante il dopoguerra, dell’animazione Krysař del 1985 di Jiří Barta e dell’ultimo film omonimo che nel 2023 ha visto Elizabeth Hurley vittima della storia affidata a Anthony Waller (Un lupo mannaro americano a Parigi, The Guilty – Il colpevole).