Venezia 80, Io capitano e Green Border, le storie di confine scuotono il cinema

Matteo Garrone e Agnieszka Holland presentano in concorso alla Mostra del Cinema due film sull’immigrazione da una parte all’altra dell’Europa

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Io capitano e The Green Border

Da una parte il mare dall’altra la foresta, due confini naturali da un capo all’altro dell’Europa che dividono in due l’umanità e che rappresentano, per una larga parte di essa, il passaggio dall’orrore e alla salvezza, dal dolore alla speranza. All’80ma Mostra del Cinema di Venezia Matteo Garrone con Io capitano guarda al dramma umanitario che si svolge in mare, mentre la regista polacca Agnieszka Holland con Green Border (Zielona Granica) ci porta al freddo confine tra Polonia e Bielorussia.

I due film, entrambi in concorso a Venezia 80, offrono uno sguardo d’insieme su un problema globale rispetto al quale il cinema dimostra di non voler restare indifferente, ma lo fanno con la straordinaria capacità dell’arte di proporre tematiche simili con linguaggi, soluzioni stilistiche e approcci narrativi differenti eppure ugualmente efficaci.

Green Border e Io capitano

The Green Border

Con Green Border (Zielona Granica) Agnieszka Holland, già candidata all’Oscar nel 1990 per Europa Europa, narra tre storie, quelle di una famiglia siriana in fuga, di un soldato polacco e di una psicologa che diventa attivista, per descrivere il contesto migratorio che parte dal Medio Oriente e che, per raggiungere il sogno di un’Europa democratica e rispettosa della libertà e dei diritti umani, si sposta per terra attraversando le inospitali foreste a nord del continente.

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Con Io capitano invece Matteo Garrone si concentra su una realtà a noi purtroppo più familiare e vicina, quella della migrazione per mare attraverso la quale le popolazioni subsahariane sperano di raggiungere le coste italiane aspirando a condizioni e opportunità di vita migliori. La storia di Io capitano si concentra sul viaggio di due giovani senegalesi di 16 anni, nati e cresciuti in un ambiente povero ma dignitoso che sognano di raggiungere l’Europa per coronare i loro sogni di successo.

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Due stili a confronto

Io capitano

Asciutto, essenziale, a volte agghiacciante e quasi documentaristico il primo, più romanzato, coloratissimo, a tratti onirico e fiabesco il secondo, i due film propongono due stili diversi per raccontare l’essenza di un problema che chiama in causa l’Europa intera rispetto a scelte politiche che hanno un impatto prima di tutto sulle persone, uomini e donne attratti o illusi da un sogno di democrazia sempre più distante dalla realtà.

Ciascuno dei due opera delle scelte inevitabili per un racconto che si pone l’obiettivo di descrivere una situazione complessa e articolata come quella dell’immigrazione. Holland sceglie la via del racconto da più punti di vista, Garrone opta per uno sguardo fisso sui suoi due protagonisti e la realtà osservata, vissuta e descritta attraverso i loro stessi occhi, anche nell’inconsapevole incoscienza di chi non sempre riesce a comprenderla a pieno ed è costretto a subirla.

Io capitano offre un’esperienza probabilmente più coinvolgente da un punto di vista emotivo. Con i suoi tratti fiabeschi, pur restando una storia tratta dalla reale esperienza del cosceneggiatore Mamadou Kouassi Pli Adama. La scelta della Holland va invece in direzione quasi opposta. La regista adotta per il suo film uno stile quasi documentaristico con un bianco e nero che stempera l’atmosfera fiabesca della foresta mentre i suoni conferiscono terrore alle immagini.

Tratti comuni

In comune la regia dei due film ha però l’intenzione di spostare l’interesse dal dato asettico dei numeri e della cronaca a quello emotivamente più coinvolgente e sensibile delle persone e delle storie umane. Entrambe le pellicole pongono estrema attenzione ai volti e tanto Garrone quanto Holland, sebbene in modi diversi, si soffermano soprattutto sull’espressività degli sguardi degli interpreti con primi piani frequenti e attenti che rendono i personaggi, le loro emozioni e i loro pensieri ancor più vividi e reali.

Vedendo i due film insieme nello stesso stimolante contesto offerto dalla Mostra del Cinema di Venezia, è naturale pensare che in qualche modo le due opere siano in dialogo tra loro, aggiungendo, ciascuna a suo modo, una prospettiva in più ad un tema dal quale il cinema non intende esimersi. A testimonianza di un’arte che percepisce tutta la necessità, la responsabilità e l’urgenza di mostrare una parte della verità sul mondo che sia in grado di illuminare le scelte sociali e politiche contemporanee.