Il club dei 27, l’amore di un ragazzino per Giuseppe Verdi

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Italia, 2017 Regia Matteo Zoni Interpreti Giacomo Anelli, Irene Carra, Noa Zatta Distribuzione Istituto Luce Cinecittà

Al cinema dal 26 febbraio 2018

LA STORIA – Giacomo ha 14 anni e un sogno al momento irraggiungibile: entrare a far parte del club dei 27. Che cosa è? E’ un circolo esclusivo di melomani verdiani (quando si entra ci si resta vita natural durante), in cui i soci portano ognuno il nome di una delle altrettante opere del cigno di Busseto. Tra squarci di vita quotidiana (il calcio in cortile, lo judo, la chiesa, il canto in un coro) e gli immaginifici sforzi destinati al fallimento del peraltro risolutissimo ragazzino, scorrono reperti dai cinegiornali Luce, visite alla Casa di riposo per musicisti a Milano (“la mia opera più bella” come affermava lo stesso Giuseppe Verdi), in una storia che mescola così fiction a documentario.

L’OPINIONE – Matteo Zoni è un ancor giovane regista parmense dall’immaginazione fervida e di ottimo mestiere. Già ci aveva colpito e commosso con il suo Ulidi piccola mia, visto a un Torino Film Festival, qui replica con un lavoro così intrisi, impregnato direi, dei fumi e dei sapori della sua terra da rivelarsi come un grande omaggio a Parma, al lambrusco, al parmigiano, alle taverne dove si paga con arie d’opera, e naturalmente all’opera lirica.

Un tuffo per noi forestieri quasi in un mondo a parte, magnificamente fotografato da Daniele Ciprì, in cui Giacomo Anelli (il piccolo protagonista) con la sua erre francese e le pose seriosissime da ometto ci spiega come lui alla Callas preferisca la Tebaldi, più longeva e squillante, tra i tenori il solare e atletico Del Monaco mentre il suo nemico di riferimento è naturalmente (e chi altri?) Richard Wagner, tanto da accasciarsi di fronte a un suo poster, mentre una sua amica, Irene Carra, sussurra (con encomiabile convinzione) parole scritte da Bruno Barilli, musicista e scrittore qui concentrate in monologo: “in quella enorme zanzariera che è il Po, tra Parma e Mantova, doveva nascere quel genio di Giuseppe Verdi, tra un popolo facile ad accalorarsi, travagliato e pieno di una sinistra inclinazione musicale. Popolo supponente e temibile, popolo che disprezza il villano, odia lo sbirro e massacra la spia”. Un gioiellino della durata di un’ora. Delizioso.