“COLLATERAL BEAUTY”: LA RECENSIONE

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id., Usa, 2016 Regista David Frankel Interpreti Will Smith, Edward Norton, Keira Knightley, Kate Winslet, Helen Mirren, Naomi Harris, Michael Peña, Enrique Murciano, Kylie Rogers Distribuzione Warner Bros Durata 1h e 37′

Al cinema dal 4 gennaio 2017

IL FATTO – Creativo e creatore di una avviatissima società di promozioni pubblicitarie, Howard è da qualche anno l’ombra apatica di se stesso. La morte della figlia lo ha allontanato dalla vita e dalla moglie. I suoi soci Whit e Claire, amici ma anche preoccupati per la ditta, scoprono che l’unica cosa che pare faccia in casa è scrivere strazianti lettere alla Morte, al Tempo e all’Amore. Il primo decide allora di ingaggiare tre attori di teatro perché “li” interpretino e gli appaiano provocandogli un salutare shock.

L’OPINIONE – Quando la commedia drammatica americana popolare si mescola al misticismo e ai messaggi elevati c’è da temere il peggio. E infatti qui non si scherza affatto. David Frankel (responsabile di Il diavolo veste Prada e Io & Marley) imbastisce un sentimentale ed edificante inno a un nuovo inizio in una New York pre-Natalizia, sulla scia di un copione di Allan Loeb (Noi due sconosciuti, Il dilemma, Rock of Ages), anche produttore. Battute ridondanti (la migliore: “Dai sempre risposte di tre parole come nelle cartoline”) e travagli da vita quotidiana da trasfigurare in ricetta per sopravvivere. Certo Frankel ha a disposizione un cast super lusso.

E se Will Smith non è ancora uscito da un letargo post-mucciniano (ma è ancora presto per parlare di suicidio professionale, intanto ha in cantiere il fantasy Bright più un altro Bad Boys e se non altro ha schivato il terribile sequel di Indipendence Day), Edward Norton, Kate Winslet e Helen Mirren si agitano con la verve e la classe che li contraddistingue e di livello sono anche Naomie Harris e Kneira Knightley, londinese ormai a suo agio nella Grande Mela (la ricordate in Tutto può cambiare?). Comunque – star a parte – il paciugo new age democratico avrebbe bisogno di atmosfere di ben altra leggerezza e humour (e le megacostruzioni con le barrette colorate stile domino da far crollare in sequenza inarrestabile sono di un simbolismo troppo facile); qui si viaggia con il fazzoletto di carta in dotazione nella mano e i colpi di scena (ce n’è più di uno) sono comunque telefonati se non tirati per i capelli.

Massimo Lastrucci

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