Annunciato da oltre due anni, finalmente acquista corpo e si mostra il progetto che riunisce Steven Soderbergh e Eddie Alcazar, regista del Divinity presentato al Festival Internacional de Cinema Fantàstic de Catalunya di Sitges 2023. Un surreale esperimento più che un film di mera fantascienza, girato in bianco e nero e con uno Stephen Dorff a lungo irriconoscibile, quello che già viene presentato come “uno dei viaggi acidi cinematografici più inclassificabili dell’anno” segna il ritorno dietro la macchina da presa del game designer dietro il documentario dedicato al pugile Tapia (suo esordio, nel 2013) e i precedenti Perfect (2018) e The Vandal (2021).
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IL FATTO:
Ambientato in un mondo ossessionato dalla forma fisica e condannato dall’infertilità, lo scienziato Sterling Pierce (Scott Bakula) ha dedicato la sua vita alla ricerca dell’immortalità, creando lentamente gli elementi costitutivi di un siero rivoluzionario chiamato “Divinity“. Jaxxon Pierce (Stephen Dorff), suo figlio, ora controlla lo studio ed è a un passo dal realizzare il sogno, un tempo benevolo, di suo padre. Ma due misteriosi fratelli (Moises Arias e Jason Genao) hanno un piano per entrare nella sua villa e rapire il magnate per avviarsi, con l’aiuto di una donna seducente di nome Nikita (Karrueche Tran), verso la vera immortalità.
L’OPINIONE:
Sin dalle prime scene il contesto che ci viene presentato è spiazzante, desertico eppure moderno e con ambizioni di immortalità, un anelito che permea tutto il film di Alcazar, che continuamente cambia pelle via via che assistiamo alla trasformazione del protagonista interpretato da Dorff. Non tutto è spiegato con chiarezza (soprattutto la sottotrama femminista affidata a Bella Thorne), al di là di promo e dichiarazioni che si susseguono, ma il mondo futuristico e capitalista che si intuisce caratterizza il risultato come uno sci-fi molto lontano dai riferimenti agli anni ’50 che la forma potrebbe suggerire, tendente anzi alla videoarte e a tecnica mista.
Ma prima di arrivare a una delle scene clou, con omaggio tanto alle creature di Ray Harryhausen che allo Street Fighter tanto caro al regista (appassionato ed esperto di VG), quello che si sviluppa è un dramma distopico ambientato in un mondo nel quale l’infertilità è al 95% e la divisione tra i sessi appare molto polarizzata. A ciò si aggiunta un’anima action data dalla coppia di ‘incursori’ e una complottista con al centro l’ambiguo e privo di scrupoli Jaxxon Pierce di Dorff.
Visioni e derive superomistiche complicano ulteriormente il panorama, che superato ogni possibile riferimento alle nostre paure più profonde e dopo aver fatto il massimo per istillarci una generale ansia esistenziale, si prepara al miracolo intrattenendo il pubblico con inviti alla speculazione filosofica con questioni di etica e morale. E poco importa che il finale spinga ancora di più sull’acceleratore a sfidare un pubblico ormai pronto – e disposto – ad accettare tutto, mentre sui titoli di coda parte la Divinity 2 Infinity: The Odyssey di DJ Muggs (feat. Kool Keith).
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Difficile trovare qualcosa che si avvicini al film di Eddie Alcazar, per quanto sia impossibile non pensare al The Elephant Man di David Lynch o alla serie – ma di videogame – dei vari Street Fighter. Per senso di spaesamento e probabilità che divida il pubblico, viene in mente anche l’Under the Skin del 2013 con Scarlett Johansson.