LOCKE

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[highlight color=orange ]COLPO DI FULMINE[/highlight] In sala dal 30 aprile

[column size=one_half position=first ] IL FATTO — Il Locke in questione non è il filosofo inglese seicentesco bensì un ingegnere edile alle prese con un’ora e mezza infernale.
Il suo lussuoso Suv è l’unico set, mentre l’autostrada di notte diffonde bagliori e rumori. Incarnato da un barbuto Tom Hardy, così umano e diverso dal terrificante Bane de Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno, Locke sale in auto alle nove di sera. L’uomo è nervoso, e presto scopriremo perché: la donna con la quale ebbe una fugace scappatella, mesi prima, sta per partorire, e ora lo vuole accanto a sé. Solo che lui è felicemente sposato, con due figli, e la mattina successiva l’aspetta in cantiere una rischiosa colata di calcestruzzo da 350 tonnellate.

L’OPINIONE — A Venezia 2013 non gareggiava in concorso perché arrivato tardi, quando gli altri tre titoli britannici erano già stati ufficialmente invitati. Così rivelò il direttore Alberto Barbera e bisogna fidarsi: polemica chiusa, quindi. Più importante che Locke esca finalmente nelle sale, sia pure in un maggio già caldo e poco favorevole ai grandi incassi. Il film è una di quelle cine-sfide che partono come esercizio di stile, evocando la scansione degli eventi in tempo reale, e via via si impongono per il resto: qualità drammaturgica, prova d’attore, forza delle situazioni, tensione crescente. In 85 minuti esatti, quanto dura il viaggio verso l’ospedale [/column][column size=one_half position=last ]londinese, Locke scandisce l’odissea personale dell’uomo. «A decent man », per dirla all’inglese, che non vuole seguire le orme del padre scellerato, pronto a perdere tutto pur d’essere onesto con se stesso. E intanto si moltiplicano, in un crescendo di tensione, le telefonate di fuoco: della moglie, dell’amante partoriente, dei capi e dei sottoposti. A un certo punto tutto sembra cadere addosso allo sventurato e tuttavia, forse memore di quanto scrisse Max Frisch, Locke riuscirà a rendersi «homo faber » del proprio destino. Steven Knight, classe 1959, già sceneggiatore per Frears e Cronenberg, oltre che regista del poco visto Redemption – Identità nascoste, è autore coi controfiocchi. Si vede da come trasforma l’abitacolo dell’auto in un luogo dell’anima, dove il lucido ingegnere sotto pressione mette alla prova se stesso, senza deflettere mai dal rigore morale, sia che debba risolvere intoppi pratici sia che debba affrontare disastri familiari. Una scommessa vinta anche per il 36enne Hardy, oggi clean and sober dopo essere arrivato a un passo dall’autodistruzione causa alcol e droghe. A suo modo un film perfetto.
SE VIÂ È PIACIUTO GUARDATE ANCHE…
Buried – Sepolto (2010) di Rodrigo Cortés o 127 ore (2010) di Danny Boyle. Almeno Locke non rischia la vita. — Michele Anselmi[/column]