Venezia 79, Iñárritu difende Bardo dalle critiche e dalle «correnti razziste»

Il regista messicano reagisce alle recensioni negative al film

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Bardo Iñárritu a Venezia 79

Tanta attesa e un pizzico di segretezza e di mistero avevano alzato le aspettative del pubblico e della critica sul suo Bardo, falsa crónica de unas cuantas verdades, ma dopo la proiezione ufficiale a Venezia 79 sono arrivate troppe critiche per il film di Alejandro Gonzalez Iñárritu (qui la nostra recensione). Al punto da far reagire il regista, che in una intervista al Los Angeles Times lo difende addirittura chiamando in causa delle supposte “correnti razziste”.

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“Spero che Fellini protegga questo film!”, aveva dichiarato sul CIAK Daily accennando a riferimenti e mondo onirico, elementi che forse non tutti hanno colto o apprezzato quanto si augurava. A meno che non sia vero quello il suo sospetto:

“Se venissi dalla Danimarca o se fossi svedese, sarei un filosofo. Ma poiché l’ho fatto in visivamente molto potente, sono pretenzioso perché sono messicano”.

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Nonostante il generale apprezzamento per i suoi film precedenti e l’intenzione dichiarata di non voler leggere nessuna recensione, Iñárritu ha scelto di dire la sua, per spiegare la propria opera, ma non solo…

Questi alcuni stralci dall’intervista

“Puoi piacerti o no, non è questo il discorso. Ma per me c’è una sorta di sottofondo razzista per il quale, poiché sono messicano, sono pretenzioso.

Se non capisci qualcosa, non devi incolpare nessuno. Ragazzi, prendetevi un po’ di tempo e vedete tutti i livelli. Ogni artista ha il diritto di esprimersi come vuole senza essere accusato di essere autoindulgente. Spero che qualcuno possa rifiutare quella narrativa, che è molto riduttiva e un po’ razzista.

Penso di avere il diritto di esplorare l’identità perché ho attraversato questo senso di spaesamento e penso di avere il diritto di parlarne. Penso di avere il diritto di parlare dell’identità collettiva del mio Paese. Questo film è una lettera d’amore al mio Paese e ho il privilegio di poter usare la mia voce per parlare, non solo per i messicani, ma per tutti quelli che si sentono così”.

Se sei messicano e fai un film del genere, sei un tipo pretenzioso. Non so se [i critici] hanno letto Jorge Luis Borges o Jorge Cortázar o Juan Rulfo, ma dovrebbero leggere da dove vengono queste cose e la nostra tradizione immaginaria di combinare tempo e spazio nella letteratura dell’America Latina. Questa, per me, è la base del film”.

Qui l’intervista completa a Alejandro Gonzalez Iñárritu del Los Angeles Times