LOUISIANA

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The Other Side Francia/Italia, 2015 Regia Roberto Minervini Distribuzione Lucky Red Durata 1h e 32′

In sala dal

28 maggio

L’America più miserabile, paranoica, disorientata dalla paura di non essere ascoltata e protetta, ossessionata dalla minaccia di un attacco militare del governo stesso, in cerca di rifugio e sollievo tra droga e armi. L’America in corto circuito, fragile, indigente e sconcertante, che nessuno racconta e nessuno vuol vedere, ma che Roberto Minervini cerca di capire, fotografandola con coraggio, osservandola attraverso i personaggi che accettano di concedersi all’obiettivo mettendosi a nudo.

Vicino al cinema di Gianfranco Rosi, lontano da quello di Michael Moore, perché a Minervini gli slogan politici non interessano, Louisiana, testimonia il lato oscuro di un paese dalla democrazia allo sbando, ma ansioso di tramandarci un’immagine di sé forte e rassicurante. Tre quarti del film sono dedicati a una coppia di tossicodipendenti che si amano, si iniettano droga, piangono, ridono, parlano delle proprie paure. Un pugno nello stomaco lungo un’ora. Minervini dirige il documentario come se fosse un film di finzione, con lo stesso lavoro di costruzione, che nulla toglie alla verità di ciò che viene mostrato. E mette in relazione la geografia dei luoghi con quella dell’anima. Anche questa volta ha trascorso molto tempo a osservare, girando 150 ore in cinque mesi. Agli antipodi dall’atmosfera pastorale di Stop the Pounding Heart, Louisiana offre momenti scioccanti. Per Minervini che sognava di diventare un reporter di guerra, per essere totalmente immerso in quello che non si vede nella foto, le immagini di Louisiana sono proprio come le foto scattate al fronte, tra la morte e la distruzione, quelle che mostrano la punta dell’iceberg, rimandano a qualcosa di molto più grande e profondo, con il compito di scuotere lo spettatore. Nell’ultima mezzo’ora del film, la più interessante, l’obiettivo si sposta sui sempre più numerosi gruppi paramilitari che in America si preparano a fronteggiare una possibile legge marziale imposta dal governo per controllare le continue rivolte popolari contro l’amministrazione Obama. Ne emerge il ritratto di un paese che per le generazioni più giovani non ha mai smesso di fare la guerra e dove i media hanno rivestito di una patina glamour l’arruolamento nell’esercito (esistono centri di reclutamento vicino ai supermercati e al parco giochi dei bambini). E se i veterani del Vietnam sono vittime della politica guerrafondaia americana, i reduci di oggi sono ventenni, spesso disabili e tossicodipendenti, ragazzini che ossessionati dalla teoria del complotto trascorrono la loro giovinezza preparandosi alla battaglia. Senza sapere di aver già perso quella con i propri fantasmi.

Alessandra De Luca