Nella tana dei lupi, rapine e sparatorie ad alto tasso di testosterone

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Nella tana dei lupi

Nella tana dei lupi (Den of Thieves), Usa, 2018 Regia Christian Gudegast Interpreti Gerard Butler, Pablo Schreiber, 50 Cent, O’Shea Jackson Jr., Brian Van Holt, Eric Braeden Distribuzione Universal Pictures, Lucky Red Durata 2h e 20′

Al cinema dal 5 aprile 2018

 

Scontro d’altri tempi, spietato ma con qualche regola “macha”, quello tra la squadra speciale della polizia di Los Angeles capitanata dal tracotante, borderline e pericoloso (per tutti) “Big Nick” O’Brien e la banda di rapinatori, ex militari di truppe scelte, guidata dall’algido e “scientifico” Ray Merriman. Ad esempio questi ultimi, che stanno meditando il colpo mai tentato da nessuno prima (“rapinare una banca mai rapinata”) sono propensi a sparare solo a persone in divisa e quando lo fanno, peraltro spicciamente e senza tentennamenti, quasi se ne dolgono: “siamo assassini di sbirri”. Teatro del duello finale, la Federal Reserve Bank di L.A..

Testosterone a fiumi in questo dilatato poliziesco che un po’ si ispira al Michael Mann di Heat (giusto l’ispirazione, che per il resto…), un po’ al filone poliziesco delle rapine con tanto di piano geniale e un po’ alle serie tv stile The Shield. Il problema per lo sceneggiatore (Il risolutore, Attacco al potere 2 e già questo dice tutto) e qui esordiente alla regia Christian Gudegast (ispirato dalla lettura del saggio Where the Money Is in cui si spiega tra l’altro come Los Angeles sia diventata la capitale mondiale delle rapine in banca), non è stato certo quello di costruire una suspence sull’adrenalinico accavallarsi della costruzione del piano, della sua messa in atto, degli imprevisti e delle sorprese (ovviamente di più di qualcosa noi sp ttatori siamo stati tenuti all’oscuro), dei regolamenti di conti alla duello western in cui l’attenzione al dettaglio più o meno realistico si combina al Luna Park di sparatorie, inseguimenti, pistolettate all’ultima pallottola e oltre: in quel senso tutto scorre nel solco di quel che ci si deve aspettare.

Nella tana dei lupi

Dove il meccanismo s’impapera è però nella banalità del lato umano, ad esempio nella costruzione del personaggio di Nick. Ovvero un Gerald Butler quasi bipolare nell’interpretare un tipo quasi fuori controllo nel suo cercare una giustizia quantomeno personale, esagerato nei vizi e francamente rozzo e sgradevole nei rapporti sentimentali (mentre è in un certo senso “sportivo” con quelli che considera suoi pari nel suo allucinato universo western), ma con un lato mucciniano a “core” aperto nei confronti delle figlie (un puccettoso tutto smorfie e languori).

Nella tana dei lupi
Nella tana dei lupi

Il resto sono tipi da gangster movie, carne da sparatoria, anche se i banditi, vera gang interrazziale, come a volte capita in questo tipo di film sono molto più empatici dei poliziotti (e non dubitiamo che quasi tutti parteggeranno per loro): il socio di Merriman (Pablo Schreiber) è ad esempio il padre di famiglia che non ti aspetti (lo interpreta Curtis 50 cent Jackson), forse un po’ burbero, ma sollecito, per non parlare del driver e barman Donnie Wilson (O’Shea Jackson), cordialone ma soprattutto cervello fino fino. Alla fine del groviglio delle “solite” sorprese di un film che ha soprattutto la fortuna di capitare in un momento in cui non trova rivali adeguati nel panorama delle uscite di stagione, la quiete dopo la tempesta e la promessa di un sequel, magari in terra di Londra.