Santiago, Italia: colpisce al cuore il film di Nanni Moretti sul golpe cileno

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Italia, 2018 Regia Nanni Moretti Distribuzione Academy Two

Al cinema dal 6 dicembre 2018

Con il documentario di Nanni Moretti, Santiago, Italia, presentato nella sezione Festa Mobile si conclude ufficialmente la 36ma edizione del TFF Torino Film Festival.

La ricostruzione a più voci di uno di quei drammi storici internazionali che colpì e infiammò – molto più di altri – la popolazione italiana dei ’70: ovvero il colpo di stato militare in Cile che liquidò da quel turpe 11 settembre 1973 il governo di Unidad Popular democraticamente eletto di Salvador Allende, per instaurare una terrificante e brutale dittatura, appoggiata – e forse qualcosa di più – dagli Stati Uniti, che temevano, come ricordava un testimone citando il segretario di stato Kissinger, che Francia e Italia avrebbero tratto forza e ispirazione da quella esperienza. Le forze armate e la polizia sotto il comando di Pinochet (e l’appoggio della ricca borghesia e degli organi di stampa) soppressero ogni libertà, torturarono, perseguitarono, imprigionarono e uccisero decine di migliaia di cittadini cileni inermi (giova ricordarlo), colpevoli solo di essere progressisti (democristiani, socialisti, comunisti, militanti del Mir).

Non è soltanto un documentario storico buono per History Channel, questo di Nanni Moretti, tornato dietro la macchina da presa a tre anni da Mia madre. Cioè lo è anche, soprattutto nella prima parte che ricostruisce, con testimonianze e materiali d’archivio, la nascita di speranze, la crisi economica e la tragica fine del governo Allende, sotto i bombardamenti aerei e le mitragliate (tra gli intervistati ci sono cineasti conosciuti come Miguel Littin, Patricio Guzman, giornalisti italiani come Paolo Hutter, e poi scrittori, operai, militanti, avvocati), ma che nella seconda parte rivela un lato collaterale di quella storia, qualche cosa di veramente nobile che l’Italia di allora (più di ogni altro paese, sottolineiamo) ha fatto e di cui può andare fiera, quell’Italia per atmosfera, passione e generosità lontanissima anni luce da quella egoista, razzista, uniformata e litigiosa di questi nostri tempi.

Stiamo parlando di quello che ha fatto prima l’Ambasciata Italiana, accogliendo e ospitando (come accampati) tra le sue mura centinaia di persone che sarebbero altrimenti state perseguitate e magari uccise, dando poi il salvacondotto per espatriare nella nostra penisola, dove furono accolti e trattati con una dignità e una solidarietà oggi stupefacente; trovando loro ad esempio casa e lavoro, a Roma come a Rozzano vicino a Milano o in Emilia. E sono le parole dei diplomatici italiani ancora vibranti e poi quelle dei cileni che hanno vissuto questo incubo e che oggi ancora emozionati ce lo riportano che colpiscono il nostro cuore e ci commuovono, dalla testimonianza della ragazza di allora, oggi avvocato, che allora spaventata trovava fantastico dormire nella vasca da bagno dell’ambasciatrice italiana (!!!), a chi ancora oggi definisce la nostra Italia con voce grata “una madre generosa e ospitale”.

Dire che questo è il paese in cui siamo vissuti e che ci piace è quasi superfluo, aggiungeremo che la regia asciutta (ma non neutrale, come lo stesso cineasta ammette mentre intervista un ex militare ora in carcere, per sequestro, tortura e assassinio e ancor oggi tutt’altro che pentito) di Moretti ci conduce inevitabilmente a riflessioni e confronti tra lo ieri e l’oggi, con la amara lucidità della ragione e, vogliamo credere, l’ottimismo della volontà.