TUTTI PAZZI IN CASA MIA

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Une heure de tranquillité Francia/Spagna/Polonia, 2015 Regia Patrice Leconte Interpreti Christian Clavier, Carole Bouquet, Valérie Bonneton, Rossy De Palma Distribuzione Filmauro Durata 1h e 19’ 

In sala dal 

29 ottobre

In un mercatino delle pulci, il pasciuto dentista Michel Leproux si imbatte in un lp di jazz da tempo desiderato e mai trovato. Si scaglia così a tutta velocità nel suo borghesissimo appartamentone per poterlo ascoltare nel suo super accessoriato impianto stereo, in santa pace. Sarà solo un pio desiderio il suo. La moglie depressa e in vena di confessioni, il figlio terzomondista, un muratore sedicente polacco, l’amante travolta dai sensi di colpa, i vicini di casa, la domestica raffreddata e caustica, dei profughi filippini: tutti congiureranno contro di lui. Che un po’ se lo merita.

Praticamente girato in un unico ambiente, Une heure de tranquillité (questo il titolo, decisamente più fine, in originale) tradisce la sua origine teatrale, a firma Florian Zeller. Con personaggi caricaturizzati sino all’isteria o all’imbecillità (i più), i dialoghi dopati per diventare frizzantini, la moraletta che castiga senza infierire (in fondo sono quasi tutti borghesucci più scioccamente egoisti che cattivi). Insomma è un testo nel puro solco della tradizione francese, nel male come nel bene. Patrice Leconte è un eclettico cineasta signorile, che anche se imbrocca ancora curiose e riuscite escursioni (Ridicule, 1996, Confidenze troppo intime, 2004, il cartoon La bottega dei suicidi, 2012), pare proprio che il meglio (anzi: l’ottimo) l’abbia dato negli Ottanta (speriamo di essere smentiti naturalmente), con Tandem (1987), L’insolito caso di Mr. Hire (1989) e Il marito della parrucchiera (1990). Qui orchestra e stimola gli attori a “recitar scorrendo” nella convulsa pièce. Clavier è un fariseo benestante da pamphlet, placidamente egoista ma sufficientemente facondo, suscettibile e umano per coinvolgerci e suscitare simpatie (quasi una prosecuzione del successo dell’anno scorso Non sposate le mie figlie), persino quando si permette grette battutine reazionarie (e spiritose) nei confronti del peraltro poco intelligente figlio, lazzarone (a quasi trent’anni!) e contestatore anti-global che vive a carico. Altrettanto in parte Carole Boquet che con gli anni ha imparato a giocare sulla sua naturale algidità fisica. Si ridacchia più di una volta e non si ha il tempo di annoiarsi, anche se la sceneggiatura è un po’ troppo artefatta e, tradendo la sua natura, evidenzia ogni tanto forzature e l’improbabilità dei comportamenti di molti personaggi. Ma anche questa è una caratteristica del teatro leggero parigino.

Massimo Lastrucci