Il muro tra di noi, il regista Federico Del Buono ci parla del suo cortometraggio con Stefano Pesce e Ivano Marescotti

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Alla morte della moglie, Pietro (Ivano Marescotti) si è chiuso in se stesso allontanando anche i figli Alex (Stefano Pesce) e Monica (Vanessa Montanari). Dopo il tentativo di Cesare (Vito Bicocchi), dottore di famiglia, di rinchiudere Pietro in una casa di riposo da lui gestita, Monica abbandona la casa paterna lasciando Alex solo con il padre dopo moltissimo tempo. Intanto Silvia, l’ex moglie di Alex, impedisce all’uomo di vedere la figlia Aurora. Pertanto Alex non può essere vicino a sua figlia e al tempo stesso non può abbandonare il padre, che rivolge la parola solo a un fiore in giardino.

Questa è la trama de Il Muro tra di Noi, un cortometraggio diretto dal giovane regista Federico Del Buono che racconta di un rapporto padre-figlio tormentato e intimo. Sono terminate da poco tempo le riprese e questo piccolo grande progetto promette di lasciare il segno con una storia di solitudine che è anche un dramma familiare ricco di sfumature e interpretato da un cast di serie A. In esclusiva per CIAK qui potete vedere una breve clip de Il Muro tra di Noi e di seguito l’intervista a Del Buono che ci ha raccontato la sua esperienza sul set, ponendo l’accento sugli ingredienti più importanti di questa sua opera seconda.

Come è nata l’idea di questo cortometraggio?

Il muro tra di noi è nato quasi per caso due anni fa, durante la preparazione del mio primo lavoro, Conquista il mondo. Il mio co-sceneggiatore Filippo Marchi mi parlò di questa idea che aveva in mente su un rapporto padre e figlio molto complicato e iniziai a buttar giù la prima stesura del copione. All’epoca non lo considerai il “successivo”, ma una volta finito Conquista il mondo, lo ripresi in mano e scattò la scintilla.

Avevi già in mente questo cast e come ti sei trovato a lavorare con loro?

Quando scrivo cerco sempre di identificare i miei personaggi; se gli dai un volto, un corpo e una voce dopo è più facile dialogarci mentre lo costruisci. Ero sicuro che avrei voluto mettermi alla prova con personaggi di spessore e di conseguenza con attori di spessore, così quando ho parlato di questo progetto a Giorgio Ciani, il produttore del film, la prima cosa che ho fatto è stato presentargli la cast list che avevo in mente. Dopo un primo momento ha accettato e abbiamo iniziato il “reclutamento”: Vito, Ivano Marescotti, Vanessa Montanari e Stefano Pesce. Un cast incredibile, ma soprattutto era il cast che mi ero prefissato prima di partire per questo folle progetto: con Vito è nato subito un feeling legato alla curiosità di come sarebbe uscito fuori il suo personaggio per quanto secondario fosse.

Eravamo entrambi curiosi di vedere come avremmo poi costruito insieme un personaggio subdolo e in qualche modo “oscuro” come il Dottore, facendolo interpretare a un attore che ha un talento infinito nel far sorridere le persone con la sua comicità e dolcezza. Con Vanessa invece abbiamo dovuto impostare il lavoro in modo diverso rispetto a Conquista il mondo. Sapevo che per lei sarebbe stata una doppia sfida dover tener testa a tre attori ben rodati e dare spessore al proprio personaggio, così ho deciso di lasciarla fare senza darle troppe indicazioni, così si è sentita più libera e si è rivelata perfettamente all’altezza del ruolo e dei suoi colleghi.

Con Ivano e Stefano invece è stata una vera e propria palestra di vita per me. Nonostante i pochi incontri fatti insieme prima del set, sin da subito era chiara una cosa, eravamo tutti e tre uniti nel voler portare a casa un grande risultato, e questa ricerca della chiave perfetta di lettura del personaggio ci ha portato più volte a scontarci. Tuttavia dopo ogni scontro mi convincevo che stavamo percorrendo la strada giusta e vederli recitare poi singolarmente e in coppia, è stato qualcosa di davvero immenso che non scorderò mai per i miei set futuri.

Da dove trai ispirazione come regista? I tuoi modelli di riferimento?

Sono una persona curiosa e questo è sicuramente un bene nel mio lavoro. Mi lascio catturare molto dai dettagli e da lì traggo ispirazione. Ho sempre pensato che un bravo regista non è colui che guarda tanti film, ma piuttosto colui che legge tantissimo: certo, imparare dai grandi è sempre un’ottima palestra, ma si corre il rischio di emulare. Inoltre un regista deve rendere visibile ciò che è invisibile come, ad esempio, le parole sul copione e leggere molto aiuta a sviluppare questa capacità.

Come mai hai scelto di parlare di un rapporto padre-figlio? Si tratta di qualcosa di autobiografico?

Come ho detto prima l’idea di base è nata dall’altro sceneggiatore, ma ammetto che quando ho dovuto iniziare a lavorarci con maggior attenzione mi sono accorto che si trattava di una sfida molto affascinante. Fortunatamente ho sempre avuto uno splendido rapporto con i miei genitori che sono per me fonte di ispirazione, mi incitano sempre a coltivare questo sogno, e quindi forse anche per questo è stato complicato e stimolante allo stesso tempo: non avevo nulla da cui attingere.

Il primo aspetto su cui mi ero focalizzato era la ricerca di una chiave di lettura non scontata, volevo trovare il modo di raccontare questa storia, in qualche modo già vista dal pubblico, con una luce diversa, più intima, più umana. Volevo trovare il modo il modo di far sentire lo spettatore più vicino possibile ai personaggi, legandoli empaticamente a loro, e penso che ci siamo riusciti molto bene, ma questo è sicuramente dovuto alla meravigliosa interpretazione dei due protagonisti.

Dal punto di vista produttivo è filato tutto liscio?

Penso che non esisterà mai una produzione in cui vada tutto liscio, nemmeno a Hollywood! Sicuramente siamo andati tutti ben oltre le nostre più rosee aspettative. Quando abbiamo iniziato questo progetto io e Giorgio abbiamo cercato di mantenere un profilo molto basso e umile, ma più passava il tempo e più la situazione si ingigantiva sotto i nostri piedi! Dopo aver avuto successo con gli attori ci siamo messi in moto dal piano produttivo e da lì è nata l’idea di voler trasformare il corto in una sorta di “patrimonio locale”: prima di tutto abbiamo trovato una terra che ha sposato completamente il nostro progetto, ovvero il comune di Monte San Pietro (provincia di Bologna) e via via abbiamo coinvolto altre realtà del territorio, come lo stesso comune di Bologna, la regione Emilia Romagna, Genoma Films del geniale ed esplosivo Paolo Rossi Pisu, L’accademia del cinema di bologna si è rivelata una partner meravigliosa in questo progetto e soprattutto l’uomo che si è caricato sulle spalle tutto il peso della produzione ovvero il meraviglioso Paolo Muran. Se Il muro tra di noi ha visto la luce lo devo sicuramente a Giorgio Ciani e a Paolo Muran.

Come pensi il futuro di questo corto?

Penso che abbia del potenziale, è una storia umana che tocca delle corde che molto spesso ci dimentichiamo, come dare importanza alle piccole cose o trovare la forza di sotterrare l’orgoglio per un bene superiore. Spero che la gente si incuriosisca e in qualche modo lo faccia suo, e se ciò accadrà sarà come vincere cento premi in tutto il mondo.

Il tuo genere di film preferito in cui vorresti cimentarti per il tuo primo lungometraggio?

È una domanda molto complicata, forse perché non ho mai avuto un “genere” di storia preferita, ma più la curiosità di cimentarmi con qualcosa di nuovo, di sperimentare la mia fantasia! Posso solo dire che in questo periodo stiamo lavorando su un testo per un lungometraggio che ha davvero qualcosa di incredibile… magico oserei dire!

Cosa pensi del cinema italiano attuale? Nuove speranze e prospettive?

Il cinema italiano da sempre rappresenta un modello esportato nel mondo, basti pensare l’attaccamento emotivo che hanno molti attori o registi quando vengono in visita o per un set nel nostro paese. Ciò che forse manca maggiormente nel nostro cinema è il coraggio di osare, ma è bello vedere che le istituzioni, nazionali e regionali stanno lavorando sempre di più e con risultati sempre più evidenti per cambiare la direzione e riportare il nostro cinema dove merita, e spero di poter contribuire a questo processo di ricrescita.