Un centro statale permette ad un caro di mettersi in contatto con la persona morta, a patto che ne conservi una memoria ben precisa grazie all’uso di una nuova tecnologia: Le altre vite, il cortometraggio di Nicolò Folin, con Daniele Mariani, nel ruolo di Diego, che aiuta il dialogo tra i vivi e i morti, prodotto dal Centro Sperimentale di Cinematografia, è stato presentato fuori concorso ad Alice nella Città.
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Mariani, potrebbe essere un nuovo modo di elaborare una perdita o sarebbe troppo straniante?
«Non mi sembra un’ipotesi futura impossibile. Magari tra 100 anni con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e la riproduzione di ologrammi dei defunti questo meccanismo potrebbe davvero esistere. Credo che possa essere straniante per chi appartiene alle generazioni, ma ad oggi non è così inimmaginabile».
Com’è stato prendere parte alla storia, come mediatore tra i due mondi?
«Molto interessante. Nonostante esistano già serie che hanno affrontato questo tema, penso a Black Mirror, ad esempio, Nicolò è riuscito a dare al suo racconto un tocco unico ed autentico». Daniele Mariani
L’evoluzione tecnologica qui viene rappresentata sia toccandone gli aspetti positivi, ma anche ragionando sulle conseguenze negative in cui potrebbe rischiare di sfociare.
«Il pericolo che si può annidare dietro ad una nuova tecnologia del genere è preoccupante. Come tutte le cose che all’inizio sembrano belle, innovative, c’è sempre un rovescio della medaglia, una specie di tossicità che si annida nelle pieghe dell’evoluzione. Per questo credo sia sempre meglio remare alla stessa velocità, senza rischiare di correre troppo e finire per scivolare. Tutto quello che di tecnologico va a scontrarsi con la sfera emotiva di una persona rappresenta sempre un pericolo. Per quanto l’idea sia geniale, parlare con una proiezione del defunto non sarebbe la maniera naturale e giusta di affrontare un lutto».