SPIELBERG A HARVARD: “BE A REAL LIFE MOVIE HERO”

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«Amore, sostegno, intuito». Questo è ciò che serve per diventare un vero eroe. E poi: «Be a real life movie hero». Così Steven Spielberg ha cominciato il discorso alla cerimonia di apertura dei laureati dell’università di Harvard giovedì scorso. «Un eroe ha bisogno del cattivo da sconfiggere, e voi siete fortunati. Questo mondo è pieno di mostri. C’è razzismo, omofobia, odio etnico, odio politico, odio religioso». Il regista ha poi incoraggiato i ragazzi a studiare la storia per capire l’umanità, alzare la voce quando si è in disaccordo, parlare in nome di chi non può, protestare pacificamente, correre più veloce del T-Rex di Jurassic Park e ogni tanto, per il bene dei genitori, tornare anche a casa. Proprio come il suo E.T., Spielberg ha poi ricordato il suo giorno della laurea: «Mi ricordo come se fosse ieri. Probabilmente perché era quattrodici anni fa».

Il regista ha poi spiegato che si era iscritto alla California State University di Long Beach ma poi aveva abbandonato gli studi per uno stage alla Universal. Una scelta che influenzò la sua regia: «Fino agli anni Ottanta i miei film erano quelli che si definiscono di evasione, ero in una bolla di celluloide perché avevo interrotto la mia istruzione e la mia visione del mondo era limitata a quello che potevo sognare, non a quello che il mondo mi aveva insegnato». Poi, nel 2002, Spielberg ha finito l’università per incoraggiare i suoi sette figli a farlo e ha scherzato: «Mi hanno dato un credito in paleontologia per il lavoro che ho fatto per Jurassic Park». 

Continuando, Spielberg ha poi lodato i laureati in storia e ha anche spiegato perché per i suoi film si ispira così frequentemente all’attualità: «Perché non dobbiamo distogliere lo sguardo da ciò che è doloroso, ma piuttosto esaminarlo e sfidarlo». In effetti, il passato che avrebbe voluto cancellare gli ha regalato un Oscar per il miglior film, Schindler’s List e proprio ricordando quel film Spielberg ha poi parlato di quando veniva bullizzato a scuola per essere ebreo, ricordo che ha influenzato la sua decisione di aprire la Shoah Foundation che raccoglie testimonianze dei sopravvissuti all’Olocausto e a altri genocidi. Il regista ha infine ammonito dal perseguitare chiunque per via della nazionalità, della religione, etnia, genere o sessualità. «Siamo una nazione di immigrati, almeno per ora». E tra applausi, sguardi rapiti e risate, Spielberg ha concluso così il suo discorso: «Il mio mestiere è quello di creare un mondo che duri due ore. Il vostro è di creare un mondo che duri per sempre…». 

1 commento

  1. […] A settant’anni, tre Oscar, un adattamento del gamer novel di Ernest Cline (Ready Player One) in uscita a marzo, Spielberg e il suo spirito molto extra/poco terrestre sono ancora anti-Hollywood? Le risposte, nell’intervista rilasciata a Ciak a New York: “Non ho mai predetto l’implosione dell’industria hollywoodiana. Penso solo che i film sui supereroi non abbiano la stessa longevità dei western anni Sessanta e che, messi in scatole o serie da tre-quattro a estate, finiscano per mangiarsi le piccole opere alla ricerca di ormeggio”. È con lo stesso senso di intervento sulla democrazia americana (Amistad) e sui principi fondativi (Lincoln) che Spielberg guarda ai Pentagon Papers attraverso la lente di The Post, dal 1° febbraio con 01 Distribution. Un docudrama che racconta lo scandalo delle carte top secret sul ruolo che gli Stati Uniti hanno avuto nella Guerra in Vietnam. […]

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