TFF2015: “LO SCAMBIO”, IL RIFLESSO DELLA MAFIA

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In Concorso al Torino Film Festival, il regista Salvo Cuccia esordisce in un lungometraggio di finzione incentrato su una storia di mafia, ispirata a fatti realmente accaduti

lo scambioDa Cento giorni a Palermo di Giuseppe Ferrara e Giuseppe Tornatore a I Cento Passi di Marco Tulio Giordana, passando per i recenti Fortapasc di Marco Risi, Le Conseguenze dell’Amore di Paolo Sorrentino e La Mafia Uccide Solo d’Estate diretto da Pif, molti autori italiani hanno parlato,  di Cosa Nostra. C’è chi ha utilizzato una narrazione quasi fiabesca, chi onirica e chi dura e cruda, senza filtri. E c’è chi invece, come Salvo Cuccia – al suo primo lungometraggio di finzione dopo numerosi e apprezzati documentari, tra cui Summer 82 When Zappa Came to Sicily e alcuni andati in onda ne La Storia Siamo Noi della Rai – ha provato a non menzionare mai nomi, cose, persone, fatti, estrapolando gli eventi drammaticamente veri per spogliarli della cronaca, e farli (consapevolmente) asettici, distaccati, quasi metafisici. Tutto questo Salvo Cuccia lo fa ne Lo Scambio.

lo scambioIspirato a fatti realmente accaduti nel 1995 (intuibili via via che il film si addentra nella storia), il film è stato presentato in concorso al Torino Film Festival e interpretato da un trio che, a guardar bene, nasconde diversi, silenti significati. Infatti, tutto ruota alla figura del ”commissario”, a cui presta il volto Filippo Luna, che si destreggia tra i palazzoni di Palermo e il suo sigaro tra i denti, indagando (e minacciando) su un duplice omicidio mafioso avvenuto all’inizio del racconto. Affianco a lui sua moglie, un drammatica Barbara Tabita, silenziosa e dallo sguardo assente, che vive (o non vive) in una casa ricolma di spettri e articoli di giornale riguardanti un bambino a cavallo. Poi, per ultimo (ma sfumatura ancora cosciente della mafia), l’autista, con il volto di Paolo Brigulia, che accompagna il commissario e fa la spesa a sua moglie. Tre figure che coesistono in una fotografia grigia (curata da Clarissa Cappellani), omertosa e violenta, sottolineata da una regia che compare in prima linea e che si mostra giocando (un po’ troppo, al dire il vero) sui riflessi di questi personaggi, fino al catartico e quasi inaspettato scambio. Ma, domanda il film, uno scambio di cosa? Di vite, di persone, di cose? No, di prospettive, di identità. Di parti. Quasi teatrale, quasi romanzesco, quello che ci fa credere Salvo Cuccia cambia radicalmente, in un congegno visibilissimo ma nascosto. Ecco, dunque, che i tre protagonisti si svelano per quello che sono, cambiandosi d’abito per l’occasione giusta, fumando l’ultima nervosa sigaretta oppure chiudendo gli occhi davanti all’orrore.

Damiano Panattoni

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