Tra i film più apprezzati all’ultima Festa del Cinema di Roma, con Mani nude Mauro Mancini torna a lavorare con Alessandro Gassmann, affiancato da un intenso Francesco Gheghi al quale la storia ha richiesto un impegno particolare e “tre mesi di preparazione fisica”, con allenamenti quotidiani e cinque pasti al giorno, come ha ricordato lo stesso regista e co-sceneggiatore. Un motivo di più per vedere il film – in sala a partire dal 5 giugno, distribuito da Medusa Film – basato sull’omonimo romanzo di Paola Barbato e interpretato anche da Fotinì Peluso, Paolo Madonna, Giordana Marengo e Renato Carpentieri.
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Alla base, da parte di Mancini, “l’idea di continuare il percorso cominciato con Non odiare“. “Mi interessava moltissimo l’idea della disumanizzazione che subiscono i personaggi nel libro di Paola Barbato, una cosa che vediamo tutti i giorni – dice, – nello stato di sopraffazione dell’uomo sull’uomo. E mi interessava continuare la ricerca sull’odio, dove nasce, e sulla violenza“. “Credo che il ruolo antropologico e sociale dei cineasti, degli autori, di chi racconta le storie, sia di porre delle domande morali ed etiche agli spettatori” – continua. – La violenza c’è sempre stata e ciclicamente abbiamo rigurgiti enormi di odio, come le guerre che stiamo vivendo in questo momento, ma a differenza di una volta quello che è cambiato, ed è pericoloso, è la percezione che ne abbiamo. Che, purtroppo, deriva dal fatto che oggi piuttosto che riflettere sui contenuti che guardiamo, li subiamo continuamente, anche attraverso gli input di un device unico che ci dice esattamente cosa guardare, obnubilati da un processo che ha pochi anni“.
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Temi importanti che in parte ritroviamo nell’intervista a Mauro Mancini, Alessandro Gassmann e Francesco Gheghi che segue, nella quale i tre parlano del film, delle esperienze – anche penose – vissute sul set e delle loro dediche particolari (in alcuni casi molto personali)…