Atropia, la recensione del film prodotto da Luca Guadagnino

C'è un po' di Italia nella satira bellica premiata al Sundance 2025

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Atropia Sundance 2025
A still from Atropia by Hailey Gates, an official selection of the 2025 Sundance Film Festival. Courtesy of Sundance Institute.

Come per il Sorry, baby di Eva Victor (qui la recensione) anche il film di Hailey Gates è un debutto nel lungometraggio, in questo caso prodotto anche dal nostro Luca Guadagnino (insieme a Lauren Skillen ed Emilie Georges), che l’aveva diretta nel recente Challengers nei panni di Helen. Capace di conquistare il Gran Premio della Giuria del Sundance Film Festival 2025per la sua singolare regia, scrittura e visione” e per essere una opera prima “allo stesso tempo esilarante e accusatoria” – oltre che incredibilmente basata su una base reale – Atropia vive del rapporto, non solo sentimentale, tra i due personaggi di Alia Shawkat e Callum Turner, protagonisti affiancati dalle partecipazioni eccellenti di Channing Tatum, Chloë Sevigny, Tim Heidecker e altri.

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IL FATTO

Atropia è una città che non esiste, costruita per esercitare l’immaginazione, ma soprattutto i soldati statunitesi destinati a zone di guerra lontane dal Paese, è principalmente l’ambientazione perfetta per dei giochi di guerra in 4D (odori inclusi). Abbastanza vicina a Los Angeles da fungere anche da set cinematografico, e abbastanza lontana da permettere agli artisti locali di dare vita ad affollate strade irachene con le loro interpretazioni, il posto diventa una occasione di incontro per un’aspirante attrice e un soldato. Ma le loro emozioni non sono finte come tutto ciò che li circonda, e questo rischia di diventare una minaccia per l’intera simulazione.

Atropia

L’OPINIONE

La costruzione più incredibile e ‘affascinante’ offerta dal film agli spettatori è quella della città nella quale tutto si svolge, se non fosse che Atropia è – davvero! – una delle località fittizie definite ‘DATE’ e definite come “Ambienti di addestramento all’azione decisiva” inventate dell’esercito degli Stati Uniti per addestrare i propri soldati alla difesa, invasione, occupazione e ricostruzione di territori esteri nei quali si dovessero trovare ad operare. Insieme con Ariana, Donovia, Gorgas e Limaria, anche quella scelta per il film nasce come teatro di una rappresentazione bellica ben lontana dall’essere un mero gioco di ruolo (come dimostra l’inquietante nota alla fine del film che avverte che al giorno d’oggi il setting mediorientale è stato sostituito da uno di area sovietica), sebbene poi la regista scelga di approfittarne per mettere in scena una surreale e sconclusionata storia d’amore.

Un pretesto per presentare al pubblico questa inquietante realtà, purtroppo non sostenuto da altrettanta cura nel tentativo di realizzare una satira bellica, forse per l’intenzione di restare più fedeli possibile al cortometraggio di partenza, lo Shako Mako che la stessa Gates ha presentato alle Giornate degli Autori nel 2019, nell’ambito del progetto Miu Miu Women’s Tales. Ma il cambio di formato non giova alla storia, nella quale la “giovane donna che vuole fare l’attrice e prende il suo lavoro molto sul serio” resta centrale, ma non autosufficiente.

L’immersione è notevole, e la rappresentazione delle diverse anime del campo piuttosto esaustiva, con una regia un po’ ‘al risparmio’, ma concentrata su dramma e personaggi… almeno all’inizio. Prima di esser costretta ad allargare la gittata e venire distratta da necessità evitabili, o da caratterizzazioni eccessive e ridondanti, che in alcuni casi sfiorano la farsa o il grossolano. Un peccato visto anche il livello delle ambientazioni e di alcune comparse.

Efficaci nel rendere il continuo mix tra comico e dramma, vero e falso, sul quale si innestano temi come quello della condizione femminile (in particolare della solitudine e del senso di colpa della protagonista) e della faziosità dell’informazione (qui rappresentata da una riconoscibilissima BOX News). Più che sentimentalismo, denuncia, insomma, e il tentativo di umanizzare chi viene dipinto come nemico e spesso è vittima di chi non si può denunciare. E tanta ironia, più che satira vera e propria, a demistificare la retorica che ancora oggi sostiene le guerre – sante o meno – che ci circondano, nella certezza di quanto di quel che ci viene raccontato sia fasullo e di quanto la finzione possa nascondere realtà incredibili.

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A raccontare il dietro le quinte della guerra, anche se in maniera più fantasiosa (e di certo più divertente), sono stati in molti, ed è difficile non pensare che la sensibilità della regista abbia potuto prescindere da film come Comma 22 di Mike Nichols o, soprattutto, l’epocale M.A.S.H. di Robert Altman, che sicuramente vi consigliamo… entrambi del 1970 ed ambedue seguiti da due altrettanto vedibili serie tv, una di soli sei episodi (nei quali troviamo Kyle Chandler, Hugh Laurie e George Clooney) e l’altra di ben undici stagioni, andate in onda dal 1972 al 1983).

 

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
atropia-la-recensione-del-film-prodotto-da-luca-guadagninoId., Usa, 2025. Regia: Hailey Gates. Con: Alia Shawkat, Callum Turner, Chloë Sevigny, Tim Heidecker, Phil Burgers, Chloe East, Jane Levy, Gilberto Ortiz, Tony Shawkat, Channing Tatum. Durata: 1h e 44'