Cannes 2023, Vincent Must Die, la recensione

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Vincent must die

Vincent Must Die, IL FATTO: a Vincent, un tranquillo architetto single, sta succedendo qualcosa di strano. Nel giro di pochi giorni ha subito due aggressioni da altrettanti suoi colleghi, e quando cammina ha l’impressione che tutti vogliano fargli del male. Ma non è una paranoia: è proprio così. E non sa perché.

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L’OPINIONE: Stéphan Castang ha 50 anni ed è al suo primo lungometraggio. Attore, soprattutto teatrale, con all’attivo alcuni cortometraggi dietro la macchina da presa, è approdato tardi alla regia di un film, ma dopo avere visto Vincent Doit Mourir (Vincent Must Die) è giusto dire meglio tardi che mai.

Un horror esistenzialista e sociale, un virus che si trasmette attraverso il contatto visivo tra le persone, guardare negli occhi il prossimo è insostenibile in questo mondo contemporaneo basato sull’individualismo e sull’impersonalità dei rapporti.

È un assunto volendo anche semplice quel del film, ma sviluppato da Castang con un crescendo ottimamente calcolato e molto misurato. L’escalation non è quella di un classico horror pandemico, il tono e le atmosfere sono più vicine a un thriller psicologico a cui si intreccia un complotto fantapolitico. Le ispirazioni sono molte, evidenti, dichiarate e diversissime, dal Carpenter di Essi vivono al Jack Finney (autore del romanzo) de L’invasione degli ultracorpi (che ricordiamo è intitolato Gli invasati ed è pubblicato in Italia da Marcos Y Marcos), fino addirittura al Godard di Weekend.

Un melange assai particolare, ma che funziona altrettanto bene, grazie anche alla fotografia di Manuel Dacosse, che coglie la notte con sfumature soffuse ed eleganti e il giorno con livida crudezza, e all’interpretazione, davvero magnifica, di Karim Leklou, un viso che non si dimentica, un Buster Keaton ingrassato e dallo sguardo triste e sorpreso dal mondo e dalla vita. Già visto in Allons Enfants di Giovanni Aloi e nel bellissimo Playground, Leklou interpreta Vincent restituendone la paura, l’incredulità e l’istinto di sopravvivenza nonostante tutto.

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Al suo fianco Vimala Pons, bravissima anche lei, che Paul Verhoeven aveva scelto per un ruolo secondario in Elle, ma che va ricordata soprattutto Les Garçons Sauvages di Bertrand Mandico, uno dei film manifesto della tanto spiazzante quanto affascinante corrente cinematografica neo post surrealista francese.

Presentato come evento speciale alla Semaine de la Critique al Festival di Cannes 2023, avrebbe meritato il concorso nella sezione collaterale dedicate alle opere prime. Forse il suo essere un’opera prettamente di genere potrebbe avere influito, ma in ogni caso lo vedremo in Italia grazie ad I Wonder Pictures.

Se vi è piaciuto Vincent Must Die guardate anche: quanto citato sopra, ma anche 28 giorni dopo di Danny Boyle e la saga degli zombie di Romero. E magari recuperare un gioiellino francese come La horde, che nel genere è già un classico moderno.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO:
cannes-2023-vincent-must-die-la-recensioneVincent Must Die, IL FATTO: a Vincent, un tranquillo architetto single, sta succedendo qualcosa di strano. Nel giro di pochi giorni ha subito due aggressioni da altrettanti suoi colleghi, e quando cammina ha l’impressione che tutti vogliano fargli del male. Ma non è una...