Era già dietro i film di Alice Rohrwacher e Leonardo di Costanzo con la Tempesta, ma oggi è impegnatissima per la campagna Oscar del Vermiglio di Maura Delpero (con la quale, Leonardo Guerra Seràgnoli e Santiago Fondevila Sancet, ha fondato la Cinedora), candidato italiano alla nomination per il Miglior Film Internazionale. Un momento importante, del quale Francesca Andreoli ci parla in maniera molto sincera in una pausa del suo impegno come giurata del CNC Award, che verrà assegnato – insieme a 8.000 euro – a uno dei progetti del programma TFL ScriptLab 2024 per sostenere lo sviluppo di uno dei progetti presentati al TorinoFilmLab.
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Come organizzazione di mostre, festival e workshop (ruolo che dal 2003 ricopre per la Cineteca di Bologna, alla quale è da sempre molto legata) e come produttrice, d’altronde è sicuramente una esperta di scouting e nello sviluppo di film e progetti multimediali di talenti. Che si augura di trovare anche nella selezione del premio, “ottima, come sempre”. “Oltre chiaramente a leggere i progetti, per me è stato fondamentale guardare i corti, i lavori precedenti dei selezionati, perché da quello si capisce lo stile, la visione, la poetica, il modo di girare, il modo di comunicare la tua storia – spiega la Andreoli. – E poi gli incontri , anche se i pitch sono la cosa più difficile da fare. Bisognerebbe fare dei corsi solo per fare il pitch, perché si interviene sulle emozioni e hai poco tempo, che devi cercare di massimizzare al massimo per trasmettere la tua idea nel modo più efficace possibile. Una volta si parlava anche di ‘elevator pitch’, pitch da un minuto, una roulette. Volendo dare un consiglio a qualcuno, ma anche a me stessa ché anche io li faccio, è di fare training sui pitch. C’è un metodo per farli, se si impara e si riesce a interpretarlo in base alla propria personalità, può risultare vincente“.
Proprio lo ScriptLab è stato fondamentale per Vermiglio
Tre anni fa eravamo qui con Maura, abbiamo iniziato a lavorare sulla sceneggiatura proprio attraverso i laboratori del TorinoFilmLab, poi lei è stata a Berlino e al MFI e sono state esperienze fondamentali, soprattutto per lei, che scrive da sola, per aprirsi anche ai commenti e all’aiuto degli altri registi, sceneggiatori e tutor. È stato tutto molto arricchente, è fondamentale ricevere feedback in fase di scrittura, da parte di persone sparse per il mondo. Quello che ho imparato da questo progetto è che è necessario aprire il progetto a quanti più partner possibile già in fase di sviluppo. Di non aspettare la produzione per cercare i co-produttori, sales o un distributore: il film si costruisce dalla fase di sviluppo, e già lì si deve avere un’idea chiara di come potrebbe essere la composizione del piano.
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Possiamo parlare di Oscar, o è scarmantica?
Zero. Io sono una persona estremamente concreta, pragmatica, sostanzialmente ottimista, però molto con i piedi per terra. Quindi, cornetti e cose del genere non mi toccano, anzi a volte mi indispettiscono anche (sebbene off the records confessi una unica scaramanzia ‘pre Oscar’, ndr.)
Come sta andando la campaga Oscar di Vermiglio?
È un lavoro enorme. È un carrozzone gigantesco che si muove, alimentato da un sacco di soldi, come tutto: tantissimo lavoro, tanta organizzazione e tanti soldi. E noi siamo sostanzialmente dei newbies che sono stati lanciati in questa avventura, ma sostanzialmente senza senza averne gli strumenti. Un passo alla volta, però continuiamo, fino a che non ci buttano fuori.
Il 17 dicembre ci saranno le shortlist, ci saremo?
Adesso è il momento clou, perché poi lo scopo di questa campagna è di far conoscere il film, perché lì i film non li vedono tutti, nemmeno sulla piattaforma dell’Academy, e Vermiglio è un film pensato dall’inizio per il cinema che andrebbe visto sul grande schermo. Però è un film che piace, che ha una sua dimensione molto intima e personale, ma in qualche modo parla a tutti e ha catalizzato un grandissimo calore attorno a sé. Tutte le persone che incontriamo sono estremamente calorose, forse perché è percepito da tutti – e lo è – come una sorta di piccolo miracolo.
Tanto calore, però, arriva anche da chi vota, oltre che dal pubblico?
Certo. E sono screening, proiezioni, cene, aperitivi, perché ai voters non basta mandare l’invito, devi creargli l’evento, per esempio coinvolgendo celebrities che vengano a presentare il film, sono fondamentali.
Chi avete coinvolto, per esempio?
Isabella Rossellini, poi Maura e Alice Rohrwacher hanno fatto una conversazione molto bella, che adesso faremo uscire. E tra gli statunitensi Ethan Hawke.
Sembra piuttosto ottimista, o sbaglio?
Sono ottimista fino alla shortlist, poi si fa dura, veramente dura. I competitor ci sono, e tra l’altro sono capolavori, basti pensare a Emilia Perez, che ho amato tantissimo. Per me è un film perfetto, dagli attori alla storia, gli inserti delle canzoni, e poi Netflix per la campagna ha investito 40 milioni… noi non siamo neanche a 300mila euro, al momento. Una goccia nel mare. Come dicevo, per vincere l’aspetto economico pesa veramente tantissimo. Come in fase di sviluppo e di produzione, anche adesso è necessario fare squadra, mettere insieme più risorse possibili, cercare di ri-coinvolgere tutti i partner, che già avevano contribuito alla realizzazione del film, perché questa è una cosa che capita una volta nella vita, se capita, quindi si deve cercare di fare il massimo. Speriamo bene, ma siamo tutti felicissimi già così.
Parlando di musical, e di una passione che condividiamo, leggevo del suo sogno di trovare un altro Rocky Horror Pictures Show. Da produttrice o da giurata, l’ha trovato?
Sono anni che ci penso. Non ancora… Ma appena usciamo da questa centrifuga l’obiettivo è quello. Anche se sto ricevendo tantissimi progetti, e molto molto molto interessanti.
Stai parlando come produttrice o come giurata?
Come produttrice. E come tale, a me non interessa fare film in Italia solo per l’Italia, mi interessa sviluppare progetti che vadano in giro e soprattutto fare co-produzioni, perché è più divertente e più arricchente. Quello del produttore è un lavoro di grandissima solitudine e responsabilità, e bisogna condividerlo con qualcuno, è fondamentale unire le forze. Che poi è quello che ho fatto su Vermiglio, anche se sembrava una storia molto domestica, girata in questo paesino sulle Alpi, per il quale però abbiamo trovato la quadra per inserire anche la Francia e il Belgio.
Tra tanti progetti, in attesa di un nuovo RHPS, ci sono film di genere?
No. È difficilissimo trovarne. Purtroppo è una tragedia, nel senso che in Italia pochissimi pensano e propongono film di genere. Anche semplicemente tra le commedie, di belle ce ne sono una o due l’anno. Si fa molta fatica, insomma, di musical poi praticamente non ne facciamo, ci ha provato Margarita Vicario con Gloria!, ma non era proprio un musical. Però sono fiduciosa, chi cerca trova!