BONE TOMAHAWK

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Bone TomahawkProvocati dall’irruzione nel loro territorio di due tagliagole (sono David Arquette e Sid Haig, vecchie conoscenze del cinema di Craven e Rob Zombie), alcuni terrificanti selvaggi all’inseguimento raggiungono la cittadina di Bright Hope (tra Texas e New Mexico). Nella notte rapiscono la dottoressa Samantha O’Dwyer (Lili Simmons) e il vicesceriffo. Subito si organizza un gruppo di ricerca e soccorso. Con lo sceriffo (Kurt Russell) ci sono l’aiutante Cicoria (Richard Jenkins, ultima versione del tipo del “vecchietto” alla Walter Brennan), il pistolero dandy e cacciatore di indiani Brooder (Matthew Fox), più il marito della donna, Arthur (Patrick Wilson), azzoppato da una brutta e stupida caduta dal tetto. I quattro non sanno di inoltrarsi in una zona inesplorata ancor più terrificante di quello che pur paventano. Perché lì conosceranno l’orrore.

Bone TomahawkEccitante e bizzarro sposalizio tra il western classico (quasi un Sentieri selvaggi rivisto da un dotato epigono di Tarantino) e l’horror survivalista
(l’autore, S. Craig Zahler, cita anche Cannibal Holocaust di Deodato tra gli ispiratori, peraltro da lui in parte criticato per le sevizie agli animali), Bone Tomahawk (distribuito in Home Video da Eagle) è la “sorpresa più sorprendente” della stagione, almeno per i supporter dei fantafilm che non vogliono rinunciare all’originalità e all’inventiva. 

Bone TomahawkCosì eccentrico rispetto ai modelli correnti delle Majors, il film segna l’audace debutto di un 43enne tanto prolifico di progetti quanto quasi mai baciato dalla fortuna della loro realizzazione (a parte The Incident, horror movie del 2011), anche se il suo copione di The Brigands of Rattleborge è girato a lungo tra le mani via via di Spielberg, Park Chan-wook e Tobey Maguire. Ma al quinto western ideato, ha fatto centro. Nel 2011 ha ottenuto il nulla osta per dirigerlo lui stesso, oltre alla partecipazione di Kurt Russell (non ancora nel cast di The Hateful Eight: a proposito i mustacchi gli sono rimasti dopo quel lavoro; nell’idea iniziale di Zahler, lo sceriffo doveva essere ben sbarbato e dignitoso, come esigeva il suo carattere di uomo ligio al dovere, nonostante tutto e tutti).

Bone TomahawkNel film colpiscono i caratteri molto delineati dei personaggi. Del resto sono quasi tutti dei chiacchieroni (il viaggio è lungo, anche se costipato all’interno di un’ora e mezza di durata complessiva. Comunque, a scanso di equivoci, il regista non ha amato The Hateful Eight particolarmente, come invece qualcuno potrebbe sospettare, trovandolo “troppo teatrale” e ha addirittura detestato il peraltro similare Revenant) che rivelano molto di sé. «Ho messo qualcosa di autobiografico in ciascuno di loro» ammette l’autore. 

Bone TomahawkQuello che fa la differenza tra questo film e tanti altri del genere, è però l’estremo realismo della parte scary, capace di generare spasmi di orrore nello spettatore più smaliziato. Perché i selvaggi sequestratori sono visti con uno sguardo contemporaneamente sobrio e diretto, che non fa sconti, a evidenziare la totale loro “alterità” aliena e ributtante (gli effetti speciali, ovvero protesi e carni dilaniate, sono frutto della supervisione di Hugo Vellasenor). Come dice il professore nativo-americano (David Midthunder), rimarcando con sdegno la differenza – non molto chiara agli occhi di molti bianchi – tra la sua gente e “loro”: «sono trogloditi, primitivi, incestuosi, cannibali». E noi lo scopriremo seguendo i quattro disperati e audaci quando passeranno dallo stato di inseguitori a quello di prede.
Eh sì, Bone Tomahawk ci ha rivelato un cineasta da tenere assolutamente d’occhio.