The Royal Hotel, la recensione del film con Julia Garner

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The Royal Hotel

IL FATTO: Hanna e Liv sono due amiche che hanno intrapreso il classico viaggio zaino in spalla in giro per il mondo. Arrivate a Sydney si rendono conto di essere rimaste senza soldi. Per poter continuare il loro itinerario, prossima tappa Bali, accettano di andare a lavorare come bariste nello sperduto The Royal Hotel in una poco ospitale regione del continente. Si rivelerà la peggiore idea della loro vita.

L’OPINIONE

Kitty Green, dopo un documentario molto accomodato e accomodante sulle Femen, è passata alla fiction, con risultati altalenanti.

Casting JonBenet è un curioso ibrido meta-docu-fiction, non particolarmente riuscito ma interessante (si trova su Netflix). A questo ha fatto seguito The Assistant, un thriller incentrato su una giovane assistente personale costretta a confrontarsi con un ambiente maschilista e tossico e un capo con molti segreti da nascondere.

Asciutto, tagliente, spaventoso per molte ragioni, non solo cinematografiche, e con una bravissima Julia Garner, la giovane Langmore della serie Ozark. Un notevole passo avanti che faceva ben sperare. Purtroppo l’attesa non è stata ripagata al meglio.

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The Royal Hotel, presentato in anteprima mondiale al Telluride Festival e poi in anteprima europea al San Sebastian film Festival, tratto dal documentario del 2016 Hotel Coolgardie, vuole avere una sola direzione a tutti i costi.

Hanna e Liv si ritrovano in un ambiente quasi primitivo, in cui gli uomini sono vere e proprie bestie che le guardano come carne e poco di più. E anche le poche donne del luogo non sono molto meglio. Purtroppo Green non riesce a dare alcuna sfumatura al racconto, che sembra inizialmente una commedia on the road che vorrebbe virare al thriller psicologico, all’horror e al revenge movie.

Tutto senza però dare profondità a nessuno degli snodi o alle necessità narrative che avrebbero giustificato questa progressione. Le psicologie e il passato delle protagoniste sono appena accenati.

I maschi alpha che frequentano il bar sono figure archetipiche: l’uomo nero, il giovane bello e gentile che si rivela altro, il golem buono e romantico, il padrone del saloon che insieme all’albergo non ha ereditato il talento di famiglia per gli affari, diventando quindi un ubriacone.

Tutto accennato, anche la ragione per cui le ragazze hanno intrapreso questo viaggio che doveva essere evidentemente di liberazione, ma che si rivela ben altro.

Kitty Green, australiana, conosce evidentemente comunità come quelle che ruotano attorno ai tanti The Royal Hotel che ci possono essere nel continente sconfinato che è l’Australia. E forse proprio per questo taglia la sua con l’accetta, non dandole alcuna giustificazione dettata da una cultura diversa e radicata, giustamente anche.

Il problema è che il film si carica con il susseguirsi delle situazioni di un rancore giusto ma difficilmente condivisibile, perché la disibinita Liv non ha problemi a flirtare con gli avventori, e la più riservata Hanna vorrebbe cedere al fascino del giovane romantico, salvo poi farsi venire a salvare da un ipotetico principe azzurro.

E a questo proposito, convincono poco anche gli interpreti, ed è un peccato, perché Julia Garner è un talento naturale, così come il sempre più sulla cresta dell’onda Toby Wallace.

Il finale, che dovrebbe essere liberatorio, è in realtà privo di senso per tutte le ragioni di cui sopra e anche qualche altra aggiunta.

Per la cronaca: ho visto il film con una donna estremamente emancipata e femminista, che alla fine era molto più critica di me, e anche un po’ arrabbiata. Perché The Royal Hotel poteva essere molte cose, tutte buone e interessanti. Ma finisce con l’essere il contrario.

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Revenge, con una inesorabile donna guerriera interpretata da Matilda Lutz: semplice, quasi primordiale, ma decisamente più efficace, cinematograficamente e nel messaggio.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO:
the-royal-hotel-la-recensione-del-film-con-julie-garnerAustralia/UK, 2023. Regia di Kitty Green Interpreti: Julie Garner, Jessica Henwick, Toby Wallace, Hugo Weaving Distribuzione N.D. Durata 91’ minuti.