Tokyo 2024, i film del focus sui progetti italiani

Paz Vega e Valeria Golino, il Pompei di Gaudino e gli altri aggiornamenti

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La muerte no tiene dueño (Death has no Master)

C’è Paz Vega, nel ruolo di protagonista principale del film che Stefano Centini della Volos Films ha portato al TIFFCOM 2024, il Death has no Master di Jorge Thielen Armand che la vedrà circondata da un cast venezolano in un momento della sua carriera “in cui sta cercando di battere una strada un po’ diversa da quello che ha fatto fino ad adesso“, come conferma il produttore del film che – “per ora” – non la vede partecipare anche in altra veste, tra i producer, sebbene se ne sia parlato con il marito, il caraqueño Orson Salazar.

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La muerte no tiene dueño è una fiction, ma ciò che è scritto nel copione accade quotidianamente in Venezuela, compresa la violenza, la magia, i gruppi armati con maschere da teschio, il saccheggio delle tombe…“, una realtà che il film intende mostrare senza filtri e con uno stile che “ricorda un western acido“, come si legge nella presentazione. Dalla quale partiamo per approfondire contesto e progetto con Centini.

È una realtà abbastanza disastrata e anche nel film, come dice il titolo, la violenza vince su tutto – spiega. – L’idea è di raccontare un paese dove non si capisce mai bene chi sia dalla parte della ragione, perché da ogni parte ci sono necessità giuste e modalità sbagliate, e su tutto una situazione politica ed economica nella quale nessuno ha più diritto a niente“.

Un’idea nata come?
Dal regista, che ha anche la nazionalità italiana, e sua moglie, italiana, che ha scritto con lui la sceneggiatura. Io sono entrato perché cercavano un produttore e abbiamo iniziato a lavorare insieme sia alla scrittura sia al finanziamento, sia a un corto – sempre sullo stesso tema – che abbiamo appena finito. Vorremmo fare un film che sia un riflesso della situazione politica del Venezuela e insieme un’opera cinematografica. Soprattutto per gli elementi quasi Western dello scontro tra i due gruppi, che richiamano il The Settlers/Los Colonos che ho prodotto l’anno scorso, girato dallo stesso direttore della fotografia che useremo qui, l’italiano Simone D’Arcangelo.

Il film sarà collegato al corto, che ambientazione avrà?
No, quello si chiama Pasta negra e, per quanto affronti gli stessi temi e mostri la situazione politica del Venezuela, è sulla storia di due donne che attraversano il confine con la Colombia per andare a vendere i loro capelli per guadagnare qualcosa. Stiamo iniziando a farlo circolare nei festival e lavorando con un sales agent italiano che si chiama Lights On. Quanto al film, invece, sarà ambientato nel Venezuela attuale, pre elezioni, ma lo gireremo soprattutto in Colombia, dove sarà la piantagione.

Il Tokyo Film Festival sarà determinante?
Al momento siamo finanziati al 70%, in una coproduzione internazionale con Lussemburgo, Colombia, Spagna e Italia, ma io ho vissuto 15 anni a Taiwan, fino a poco fa, e solo da due o tre anni la società che ho creato lì ha un ufficio anche a Roma. L’Asia, in generale, per me è stata sempre una sponda per coprodurre in maniera più o meno innovativa, non con le solite Francia, Germania etc, e quando abbiamo avuto questa possibilità abbiamo voluto vedere che reazione ci fosse, e mi sembra di aver raccolto interesse. Siamo stati contattati da alcuni partner, stiamo cercando di capire quale sia la migliore configurazione per la costruzione finanziaria e artistica del film, per poi chiudere.

 

La muerte no tiene dueño, trama

Carolina, una donna di mezza età con il gusto del rischio, torna in Venezuela dopo 20 anni per vendere la piantagione di cacao del padre. La terra la rinvigorisce con la sua bellezza, ma la terrorizza anche con i ricordi di un rapimento di cui è stata vittima. Ben presto scopre che la piantagione è occupata dai suoi ex lavoratori, che sono determinati a rimanere a tutti i costi. Un gioco di manipolazione, in cui le vittime diventano violente come i loro oppressori. Nel quale nessuno sfuggirà alla morte che governa questa terra.

AIDA-AND-THE-BREATH-OF-THE-MOUNTAIN

Aida e il segreto della montagna

Il rapporto padre-figlia, l’elaborazione del lutto e il rispetto dell’ambiente” sono i temi centrali del film di Lorenzo Latrofa, Aida e il segreto della montagna, temi che – come si legge nella presentazione ufficiale del film – “nascono da una sfera personale, ma che sono universalmente relazionabili” oltre che “pensati per scorrere leggeri e delicati come se si trattasse di una graphic novel animata“.

Un film di formazione, un viaggio attraverso l’adolescenza, un moderno Orfeo” del quale ci parla Alessandro Borrelli di La Sarraz Pictures), a Tokyo in cerca di co-produzioni che lo affianchino a completare il piano del progetto, già “totalmente finanziato per la parte italiana“. “L’interesse c’è”, conferma, ma non è una questione di finanziamenti diretti quanto di “condizioni artistiche“. “Noi siamo abituati a fare mercati di questo tipo – sottolinea, – ma questa è la prima volta in Giappone“.

Un mercato diverso dagli altri, forse, soprattutto per l’animazione?
Noi lavoriamo anche al cinema di finzione e ai documentari, ma in questo caso abbiamo scelto a posta l’animazione per l’esperienza del Giappone, fin troppo alta in un certo senso, ma per noi sarà un’occasione anche di confronto, creativo, non solo economico, come accennavo. Ci interessa veramente trovare spazi per collaborare, perché in fondo il vantaggio di una co-podruzione internazionale è quello di dare più possibilità di vita a un film. Un co-produttore giapponese, francese o tedesco apre il mercato e da più possibilità, anche di anteprime in festival di livello, come quello di Annecy, per esempio, la Cannes dell’animazione.

Dove un film così ricco, anche tematicamente, come il vostro, potrebbe essere particolarmente apprezzato
In Italia l’animazione è spesso ancora concepita per un pubblico giovane, ma è chiaro che noi vorremmo fare un’animazione con più livelli di lettura, oltre a quello dell’azione pura che può interessare a bambino di 10 anni, nel quale la c’è l’avventura della giovane protagonista che deve salvare il papà. Un secondo livello di lettura, più metaforico, che possono apprezzare anche i genitori che portano i figli al cinema. Senza senza scomodare mostri sacri, ma anche i film dello Studio Ghibli sono film che può vedere tranquillamente un bambino di sette anni, ma dentro ci sono tantissimi livelli più profondi. Oggi le animazioni statunitensi, per esempio, puntano più sulle battute, che magari può capire più un adulto che un bambino, ma il nostro obiettivo e di avere un piano metaforico, legato al tema della natura, sempre più drammaticamente attuale.

Fondamentale nella storia, mi pare?
Ci siamo ispirati a una storia vera, a un piccolo paesino in Svizzera che ha una montagna che gli sta per collare addosso a causa di disboscamenti e altri motivi, e piano piano frana sempre più. L’immagine è quella di una natura vendicativa, che vuoi distruggere l’uomo, ma insieme, da un’altra parte, di una natura ‘madre’, che invece tende comunque a proteggerlo. C’è questo conflitto, questa lotta, anche sul piano metaforico, tra il carattere di minaccia e di protezione della montagna.

 

Aida e il segreto della montagna, trama

Aida, una ragazza di 13 anni, vive con il padre in un villaggio di montagna.
villaggio di montagna. Scopre un segreto che la rende speciale: può vedere le cose prima che accadano. La madre è morta di recente e il padre ha vissuto in una bolla di sapone da quell’evento traumatico. Dopo una furiosa Aida assiste al rapimento del padre. Strani uomini in uniforme lo portano via. Da quel momento, Aida cerca di riportarlo a casa non solo fisicamente, ma soprattutto emotivamente

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