100 ANNI DI INGRID BERGMAN: “CASABLANCA” IL CULT DEI CULT MOVIES!

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In occasione del centenario di Ingrid Bergman (29 agosto 1915 – 29 agosto 1982), all’interno de Il Cinema Ritrovato che le dedica una retrospettiva, il 1 luglio a Bologna in piazza Maggiore, viene proiettata la copia restaurata di Casablanca. Lo introdurrà la figlia, Isabella Rossellini. 

Ecco qui sotto, storie e fortune del “cult dei cult movies”

DI MASSIMO LASTRUCCI

Casablanca-Locandina
Casablanca-Locandina

Il 20 aprile 1942, Ingrid Bergman a Rochester, venne informata che finalmente avrebbe fatto un nuovo film, dopo il Dottor Jekyll e Mr.Hyde, del 1941. Lei che aveva i nervi a pezzi perché costretta a nove mesi di inattività si sentì rinascere. Non era però quel Per chi suona la campana per cui stava in pena e il cui ruolo sarebbe stato assegnato a Vera Zorina (salvo un clamoroso ripensamento a riprese già iniziate) ma un lavoro per la Warner con produttore Hal Wallis. Inizialmente per quella parte era stato fatto il nome di Ann Sheridan, poi Hedy Lamarr e Michele Morgan, infine toccò a lei. Salario: 25.000 dollari la settimana e in cambio al suo manager/produttore Selznick sarebbe andato anche il prestito di Olivia De Havilland per un altro film. Più la promessa per lei di un ruolo da protagonista per il futuro Saratoga (che girò nel 1945 con Gary Cooper e la regia di Sam Wood).

Di certo, al momento si sapeva solo il nome del protagonista maschile, il ben più maturo di lei e recente divo di Il mistero del falco (la Bergman se ne fece mandare una copia e se la studiò attentamente), Humphrey Bogart e che la Warner aveva intenzione di sfruttare il grande successo di Algers (Un’americana nella Casbah) con Charles Boyers e Lamarr. Infatti, non per caso, il titolo sarebbe stato Casablanca.

Ingrid Bergman
Ingrid Bergman

La storia era praticamente tutta da sviluppare e riscrivere. Gli sceneggiatori si alternavano accumulandosi e a bozza di sceneggiatura seguiva un’altra bozza di sceneggiatura, con riscritture e cambiamenti (persino per il finale, oggi mitico, in realtà era prevista anche una versione in cui Bogart e Bergman sarebbero rimasti insieme, tanto è vero che la celebre battuta finale «Louis, forse oggi noi inauguriamo una bella amicizia » venne girata due settimane dopo, a cast congedato!). Del personaggio di Rick/Bogart inizialmente si diceva: «era composto da due terzi di Hemingway, un terzo di Scott Fitzgerald e una spruzzatina di Cafe de Paris ». Anni dopo Ingrid avrebbe commentato: «Fu una strana esperienza. Non sapevamo mai cosa sarebbe successo nella scena seguente ». Di sicuro c’era solo la base di partenza: ispirato da una canzone (beh, naturalmente si trattava di As Time Goes By) sentita nel musical Everybody’s Welcome, l’insegnante newyorchese Murray Burnett, in collaborazione con Joan Alison, aveva scritto una pièce teatrale, Everybody’s Comes to Rick’s (Tutti vengono da Rick), i cui diritti cinematografici vennero acquistati da Hal Wallis della Warner per l’ingente somma di 20 mila dollari addirittura prima che il lavoro fosse mai portato in scena. Il testo fu affidato a Julius e Philip Epstein per un film che, sulla carta, avrebbe dovuto girarsi nel 1942, con un cast “forte” di Ronald Reagan, Ann Sheridan e Dennis Morgan.

Casablanca
Humphrey Bogart, Ingrid Bergman and Michael Curtiz sul set di “Casablanca”

Qualche parola sul regista ingaggiato: Michael Curtiz era il nome d’arte di Manò Kertész Kaminer, d’origine ebreo – ungherese, nato nel 1886 e già autore di notevoli lungometraggi in patria. Negli USA prima di Casablanca, il prolifico cineasta aveva già ottenuto formidabili successi di critica e di pubblico, spaziando tra i generi, con (citiamo tra i tanti) 20000 anni a Sing Sing, 1932, La maschera di cera, 1933, Front Page Woman, 1935, Capitan Blood, 1935, La carica dei 600, 1936, L’uomo di bronzo, 1937, La leggenda di Robin Hood, 1938, Gli angeli con la faccia sporca, 1938, Carovana di eroi, 1940, Ribalta di gloria, 1942. E tantissimi altri sarebbero arrivati in seguito (anche qui ci limitiamo a Il romanzo di Mildred, 1945, Golfo del Messico, 1950, Non siamo angeli, 1955, sino all’ultimo I Comanceros del 1961). Sarebbe morto a Hollywood nel 1962. Ebbene Curtiz era un vero despota del set, un uomo di una maniacalità e di una severità tali, appena ammorbidite dalla coltivata ed esibita cortesia europea, da arrivare a toccare la crudeltà. Su di lui John Barrymore, che era molto spiritoso anche quando era ubriaco fradicio – il che gli capitava spesso – disse, di fronte al commento di una attonita e sconvolta collega allo spettacolo di ballerini esausti in una massacrante maratona di ballo (ricordate Non si uccidono così anche i cavalli?): «questo è niente! Hai mai lavorato per Michael Curtiz? ». Comunque anche il suo polso solitamente ferreo pare abbia spesso tremato durante le riprese di un film in cui letteralmente non sapeva dove andare a parare. Esempio: Ingrid un giorno domandò se in realtà dovesse amare il personaggio di Bogart o quello di Henreid e Curtiz rispose: «Guarda Ingrid, ancora non lo sappiamo. Tu bada a non sbilanciarti troppo ».

Ingrid Bergman e Humphrey BogartLa domanda che si son fatti tutti: ci fu qualcosa tra Bogart e la Bergman? Ebbene, pare proprio di no. La diva disse al proposito: «In Casablanca baciai Bogart, ma non lo conobbi mai davvero. Usciva dal suo camerino, faceva la sua scena e poi spariva di nuovo. Era tutto molto lontano e distante ». In realtà, si seppe poi, Bogart (che era tutt’altro che insensibile al suo fascino) era marcato a vista dall’allora moglie Mayo Methot, gelosissima e capace di sfuriare imbarazzanti. Per cui evitava ogni rischio, anche il solo sospetto, di relazione.

Detto così, sembra perciò incredibile lo straordinario successo del film e la sua assunzione allo status di cult movie. E invece…inizialmente contribuì il fatto che l’8 novembre effettivamente gli alleati sbarcassero a Casablanca. E Jack Warner fu stimolato a distribuirlo prima del previsto. La prima, il 26 novembre 1942 a New York, fu un “tutto esaurito” e le repliche si affollarono da subito sino alla fine dell’anno, posti in piedi compresi. Il presidente Roosevelt ne ordinò una copia per proiettarla agli ospiti al cenone di Capodanno alla Casa Bianca. La pellicola fu poi candidata a 8 Oscar (incomprensibilmente niente per la Bergman che fu invece uno dei fattori fondamentali del misterioso fascino del film), vincendone tre, per la regia di Curtiz (la sola sua statuetta all’interno di una carriera meravigliosa e unica), il film e la sceneggiatura (gli archivi della Warner ne riportano 7, escludendo regista e attori che pure vi aggiunsero del proprio!!!).

Casablanca
Casablanca

Soprattutto è diventato “il cult dei cult movie”. E resta da spiegare il perché. Di certo la caotica atmosfera cosmopolita del cast aveva contribuito a creare un’aria del tutto particolare e suggestiva. Vi lavorarono tanti rifugiati ed esuli che sentivano la storia dentro la pelle. Henreid era fuggito dalla Vienna occupata dai nazisti, Madeleine LeBeau dalla Francia appena invasa, il direttore della squadra tecnica, Robert Aisner, era addirittura scappato da un campo di concentramento, il tedesco Conrad Veidt (che qui interpretava da par suo il ruolo del cattivo) era in realtà un fiero antinazista, così come il tedesco d’origine ebraiche Peter Lorre. Qualcuno calcolò che in Casablanca vi lavorarono persone di 32 nazionalità diverse! Questo però ancora non spiega come fece a diventare un cult. Al proposito, ci pare però illuminante una definizione di Umberto Eco: «Credo che per trasformare un’opera in un oggetto di culto si debba poterla scardinare, farla a pezzi o smontarla, affinché sia poi possibile ricordarne solo alcune parti, indipendentemente dal rapporto che in origine avevano con il tutto (…). Per diventare un oggetto di culto, un film non deve esporre un’idea centrale ma diverse idee. Non deve rivelare una filosofia compositiva coerente. Deve continuare a vivere nella sua gloriosa incoerenza e proprio grazie a questa ».

In effetti, sotto questa luce, l’imperfetto, scombiccherato, casuale Casablanca diventa allora perfetto (e a proposito di coincidenze e clamorosi scivoloni evitati per un pelo: l’autore delle musiche, il mitico Max Steiner, aveva proposto di eliminare dalla colonna sonora la canzone As Time Goes By – questo a riprese ultimate – per sostituirla invece con un commento orchestrale ad hoc, fortunatamente la Bergman aveva già cominciato a girare un altro film e la cosa finì lì, questo tanto per dire!). Un crogiolo colmato dagli sceneggiatori pescando e citando da vari generi (dal film bellico, al noir, alla storia d’amore – naturalmente! – all’estetica dei cinegiornali, all’avventura esotica, al dramma psicologico), creando così un meraviglioso, memorabile e inimitabile pasticcio ancora oggi venerato e citato.

(informazioni riprese anche da Notorious- La vita di Ingrid Bergman, di Donald Spoto, Lindau, La vita di Ingrid Bergman. “As Time Goes By” di Laurence Leamer, Sperling & Kupfer, Michael Curtiz, a cura di Orio Caldiron, La Meridiana)