DI MARCELLO GAROFALO
Non è ancora apparso sui nostri schermi e già ha nutrite schiere di ammiratori: stiamo parlando di Baymax, il gommoso robot-infermiere dal ventre convesso, co-protagonista dell’ultimo film dei Walt Disney Animation Studios, Big Hero 6, dal 18 dicembre in uscita nei cinema italiani e già carico di gloria e di incassi elevati al botteghino negli States.
Vagamente ispirato all’omonimo fumetto Marvel, racconta di Hiro, un giovane esperto di robotica, che con l’aiuto di Baymax e del suo gruppo di amici forma una squadra per contrastare i piani distruttivi di Yokai, un feroce criminale con una maschera kabuki sul volto. Se il âplotâ avventuroso non brilla certo per originalità, è invece proprio il rapporto affettivo che si instaura tra Hiro e il protettivo robot gonfiabile taglia extra-large simile a un grosso Marshmallow Man a rappresentare la forza di questo 54mo lungometraggio animato della Disney. La goffaggine, la tenerezza, la bizzarria (quando il robot ha le batterie semi-scariche appare incoerente ed euforico), la purezza e quindi i saggi insegnamenti di Baymax riescono perfino a commuovere (ed è giusto in tal sede non svelare di più).
Sorge spontanea una similitudine con il personaggio Totoro, spirito della natura, custode e protettore della foresta in Il mio vicino Totoro di Hayao Miyazaki. Ed è davvero incredibile come gli animatori del team Disney siano riusciti a conferire tanta umanità a un personaggio che in viso, come occhi, non ha altro che due cerchietti neri uniti da un segmento.