“Coco”, l’avventura Disney che esplora l’aldilà: la recensione

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Usa, 2017 Regia Adrian Molina, Lee Unkrich Interpreti Mara Maionchi, Valentina Lodovini, Matilda De Angelis, Gael Garcia Bernal, Ana Ofelia Murguía, Anthony Gonzalez, Benjamin Bratt Distribuzione Walt Disney Pictures Italia Durata 1h e 49’

Al cinema dal 28 dicembre 2017

IL FATTO – Nel Messico che più Messico non si può, là dove i cantanti diventano leggende e si festeggia “el dia de los muertos”, quando i vivi onorano i morti (in forma di scheletri) e questi tornano dall’aldilà, il dodicenne Miguel vorrebbe tanto suonare la chitarra e cantare come il suo idolo Ernesto De La Cruz, ma la famiglia non vuole. Motivo? Il capostipite abbandonò un secolo prima moglie e figlia Coco per i suoi sogni di musicista e da quel giorno tutti gli eredi Rivera si sono trasformati in scarpai e soprattutto in odiatori della musica. All’intraprendente e cocciuto Miguelito (“devo suonare alla festa dei Mariachi anche se mi costasse la vita”) il compito di ristabilire la pace tra i suoi e le sette note, attraverso un incredibile avventura nell’ultramondo dei defunti, peraltro piuttosto allegro, assieme ai suoi antenati.

L’OPINIONE – L’insinuante ideologia Disney non sembra ancora aver disgregato (non del tutto almeno) l’immaginazione più scanzonata e “avanguardista” di quelli della Pixar. Aldilà infatti del tributo ai luoghi comuni sul Messico (quasi un riassunto in questo senso), il film di Lee Unkrich (Toy Story 3) coadiuvato da Adrian Molina (a cui si deve la conoscenza della materia folkloristico-culturale) è un’avventura intensa e variopinta che trae forza ed emozioni dalle riflessioni sul rapporto che i vivi hanno (dovrebbero avere) con il proprio passato e i parenti defunti, trattato con ammirevole profondità e spessore di atteggiamenti sino a un pathos decisamente più per adulti che non per ragazzini (alla fine la lacrima liberatoria scorre che è un piacere).

Le musiche – va quasi senza dirlo – sono curate ed eccellenti, colonna sonora di Michael Giacchino (Oscar per Up) e le canzoni sono cantate dalle stesse voci originali, tra cui splendida quella del giovanissimo Miguel/Anthony Gonzalez. Qualche appunto si potrebbe fare sull’animazione, almeno su quella della tigre alata e colorata al neon, troppo evidente la sua configurazione al computer, ma per il resto siamo sui soliti standard Pixar, ovvero storia piena con sviluppi mai infantili, battute da commedia brillante classica e tante piccole gag in secondo piano e a ripetizione a tenere survoltato il ritmo. Tra le scenografie spicca la Terra dei Morti, versione luccicante ispirata, dicono, dalla cittadina messicana di Guanajuato. E se qualcuno si chiederà da dove arrivi il nome di Coco (che è poi qui nel film la figlia ottuagenaria del musicista fedifrago), ebbene è un vezzeggiativo di Socorro, derivazione da “La Virgen del Socorro” (ovvero Nostra Madre del Perpetuo Soccorso).

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