“Iceman”: a Locarno Franco Nero in stile “Revenant”

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Ambizioso e con un pezzetto d’Italia nel DNA. Iceman – proposto in Piazza Grande a Locarno in prima mondiale – è una sorta di “western preistorico”, ambientato nella Val Venosta, sponsorizzato anche dalla coltissima ARTE France Cinema e che batte triplice bandiera alpina Austria/Svizzera e Italia.

Curiosità: è parlato – assicurano gli autori – in una variante antica della lingua retica e non necessità quindi di traduzione (un punto in più per la distribuzione). Il protagonista si chiama Kelab, nella sua piccola tribù ha un incarico fondamentale, custodisce una misteriosa reliquia che chiamano Tineka. Un giorno, mentre è a caccia, tre impellicciati razziatori irrompono, fanno una carneficina (compresi moglie e figlia di Kelab), bruciano e fuggono con la Tineka. Accecato dal dolore e dal furore, il sopravvissuto li insegue arrancando per salite, rocce e ghiacciai, cercando la vendetta tremenda vendetta.

Inevitabilmente, nel conflitto tra ricerca di una ricostruzione il più antropologicamente plausibile e il bisogno di empatizzare col protagonista, in qualche punto si sfiora il ridicolo (rituali religiosi, una certa differenza di coscienza tra i personaggi – il nostro sa porsi interrogativi e fare scelte etiche – e persino civilizzazione), ma la trama all’osso è un puro survival western (un po’ tra il lontano La guerra del fuoco, 1981, di Annaud, Corvo rosso non avrai il mio scalpo e il pretenzioso Revenant di Iñárritu), che si segue volentieri con rilassata simpatia. Naturalmente se pensate al celebre caso dell’uomo del Similaun trovato tra i ghiacci al confine tra Austria e Italia in Val Senales nel 1991 ci avete imbroccato, quel miracoloso ritrovamento ha ispirato evidentemente il progetto. Dirige il giovane Felix Randau e tra gli interpreti, oltre al protagonista Jurgen Vogel (L’onda e il tv Tatort), spicca, affascinante e persino con una sua eleganza inopinata (in veste-tunica bianca quasi cardigan), il veterano “Django” Franco Nero.

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