“Il segreto”: la recensione

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The Secret Scripture Irlanda, 2016 Regia Jim Sheridan Interpreti Rooney Mara, Eric Bana, Theo James, Vanessa Redgrave Distribuzione Lucky Red Durata 1h e 48’

Al cinema dal 6 aprile 2017

IL FATTO – Dopo anni e anni di reclusione in un ospedale psichiatrico ora in via di demolizione, l’anziana Rose sta per essere trasferita in un’altra struttura. Bisogna però vincere il suo ostinato rifiutarsi. Il dottor Grene, incaricato di una valutazione sul suo stato, comincia però a sospettare che quello che ha subito la donna sia stato un terribile errore, anzi un crimine. Perché dal racconto di Rose e dai suoi scritti emerge tutta un’altra verità intorno al suo infanticidio, una storia che affonda le sue dolorose radici nella seconda guerra mondiale, che divise gli animi anche nella apparentemente neutrale Irlanda.

L’OPINIONE – “Il mio nome è Rose McNulty e non ho ucciso il mio bambino”. Il segreto si apre così, con la drammatica brutalità di chi punta (stiamo parlando degli autori) al plesso solare della platea. Dal romanzo omonimo di Sebastian Barry, il cineasta di lungo corso Jim Sheridan (formidabile il suo trittico con Daniel Day Lewis nei ’90: Il mio piede sinistro, Nel nome del padre, The Boxer) ha colto subito i motivi per imbastire “lo spettacolone” fiammeggiante e strappacuore, con il peso del passato, la guerra, l’amore travolgente e sbagliato, l’ingiustizia. Ci si indigna per la passione contorta di padre Gaunt (“lei è un prete che vuole essere anche uomo”), si palpita per la fiera giovane Rose (“guarda gli uomini negli occhi!”) concupita da tanti ma che si innamora dell’idealista Michael McNulty, l’unico del paese che parteggia per gli inglesi sino ad arruolarsi nella RAF, si disprezzano infermiere kapò e suore dall’aria bieca impegnate a sbolognare i figli della colpa, si attende la rivelazione annunciata che rischiari almeno al tramonto una vita a schiena dirittta ma anche sventurata.

Insomma, se siete arrivati sin qui l’avrete certo intuito, è il solito ritornello del paese arretrato e ottusamente prigioniero delle proprie chiusure mentali che schiaccia le ragioni dell’amore incondizionato (e ormai, dalla Figlia di Ryan a Magdalene e Philomena, lo si è capito che non tutto è gighe, rose e fiori nella verde Irlanda). Musica già sentita dunque, come il “Chiaro di Luna” di Beethoven che torna suonato dentro e fuori le riprese ciclicamente (comunque la soundtrack di Bryan Byrne è nel complesso tutt’altro che disprezzabile). In compenso, come si è visto anche alla Festa del Cinema di Roma 2016, eccellenti Vanessa Redgrave (tutta tocchetti di puro virtuosismo interpetativo, contemporaneamente grande e fragile ) e Rooney Mara (che non sarà Maureen O’Hara ma con i suoi lineamenti duri e irregolari sprigiona uno strano magnetismo), mentre Theo James è il prete bello, Jack Reynor l’aviatore bello, Eric Bana lo psichiatra bello.

Massimo Lastrucci

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