Bussano alla porta, Shyamalan: «Tutti noi capaci di scelte orribili, in determinate circostanze»

Il regista de Il sesto senso ha presentato a Roma il suo nuovo film, Bussano alla porta, dove esplora nuovamente alcuni temi cari al suo cinema. Che la recente pandemia ha reso tanto più vicini a noi

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Spesso penso che se fossi single farei solamente film su un ragazzo che va da qualche parte e si ritrova in qualche disavventura“, afferma ironico M. Night Shyamalan, ovvero Manoj Nelliyattu Shyamalan, a proposito del fatto che i legami familiari hanno un’indubbia rilevanza nei suoi lavori, da Il sesto senso al recente Old passando per Signs, The Visit e la serie Apple Servant. Non fa eccezione Bussano alla porta (Knock at the Cabin), il nuovo horror-thriller del regista, tratto dal romanzo best-seller La casa alla fine del mondo di Paul Tremblay e in arrivo nelle sale italiane il 2 febbraio per Universal Pictures International Italy.

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Credo ci sia una sorta di santità della famiglia, – prosegue il regista – sia essa una casa, oppure un nucleo, i figli, i genitori. Le mie figlie ora sono grandi e lasciano la casa. Non riesco a essere totalmente tranquillo sul fatto che saranno al sicuro, e questo film è una sorta di monito sulla domanda: ti puoi fidare di chi bussa alla tua porta?. La famiglia, nel caso specifico, è quella formata da Andrew (Jonathan Groff), Eric (Ben Aldridge) e dalla loro bambina di otto anni, Wen (l’esordiente Kristen Cui), la cui vacanza in uno chalet isolato nel bosco prende una piega inquietante e pericolosa al sopraggiungere di quattro individui armati: Sabrina (Nikki Amuka-Bird), Adrianne (Abby Quinn), Redmond (Rupert Grint, l’ex Ron di Harry Potter, ma anche tra i protagonisti di Servant) e Leonard.

Quest’ultimo ha il volto dell’attore ed ex lottatore Dave Bautista, che con Bussano alla porta ottiene uno dei più intensi ruoli drammatici della sua carriera: «Il ruolo di Leonard era scritto per un gigante che è innocente come un bambino», spiega Shyamalan, “Non conoscevo Dave prima, non seguo il wrestling, ma l’avevo visto in Blade Runner 2049, dove ha una parte piccola ma straordinaria. Quando abbiamo finito, mi ha dato una cintura da wrestler!”. Nel film, Bautista e il gruppo da lui capeggiato pone la malcapitata coppia con figlia di fronte a una decisione insostenibile: scegliere uno di loro tre che dovrà morire, al fine di scongiurare l’estinzione dell’intera razza umana.

Il rimando biblico ai quattro Cavalieri dell’Apocalisse è evidente, e ancora una volta nel cinema di Shyamalan l’elemento religioso e soprannaturale entra in tensione con una realtà che assume connotati stranianti: “Mi affascina la mitologia religiosa, e come questa si manifesterebbe nel mondo moderno. Venire a Roma a presentare il film, la città del Vaticano e del Papa, mi ha fatto riflettere: quali sono le storie in cui crediamo? Tutti cercano un significato, specialmente oggi, e hanno difficoltà nel trovarlo”.

Abby Quinn, Nikki Amuka-Bird, Dave Bautista e Rupert Grint in Bussano alla porta

Con l’ultraterreno aveva molto a che fare il lavoro più celebre di Shyamalan, Il sesto senso (1999), dove la parabola (con plot-twist entrato di diritto nell’immaginario cinefilo) dello psicologo Bruce Willis e del bambino che vede i fantasmi, narrata attraverso uno stile personalissimo fatto di attese ed ellissi, lo fece esplodere come fenomeno di culto: “Ora ho una diversa consapevolezza”, sottolinea al riguardo, «e non avrei potuto raccontare la stessa storia di quando ero ventenne con quel film. L’esperienza e la vita ti cambiano le prospettive, è cambiato anche il mondo nel frattempo».

Difficile poi non pensare a un’altra apocalisse raccontataci dal regista, quella di E venne il giorno (2008). “Lì il destino dell’umanità era deciso senza che gli umani avessero il controllo, qui in un certo senso lo hanno. Mi è stato chiesto se è cambiato il mio punto di vista sull’umanità e magari è così. Tutti noi siamo capaci di scelte impossibili e di scelte orribili in determinate circostanze, come in guerra, nel bene e soprattutto e bel male”.

In Bussano alla porta l’evento catastrofico, non a caso, chiama in causa anche e soprattutto la coscienza morale delle persone, le nostre responsabilità e il nostro avere o meno fiducia nel prossimo. E si avverte il trauma storico collettivo della pandemia di Covid-19: “Il virus ci ha fatto sentire quanto fossimo fragili. Io ad esempio pensavo ai miei genitori, a come il comportamento disattento di altri poteva portarmi a prendere il virus e passarlo a loro, rischiando di farli addirittura morire”.

D’altronde, ricorda, “essendo uno scrittore sono abituato a lavorare da solo. E abitando in una fattoria lontano da tutti abbiamo potuto viverlo in maniera diversa. È stato bello stare insieme, poter uscire e avere spazio, non come chi in città aveva regole molto rigide. Ma quando i miei suoceri sono venuti a trovarci e hanno iniziato a tossire, abbiamo pensato: ‘Oddio, è l’inizio della fine!’. Pulivamo tutto, le bottiglie e quello che arrivava dal supermercato. Come nel film, abbiamo messo la famiglia al di sopra di tutto. Pensate quanto è folle questa storia: ovviamente mi ha insegnato molto, in questo senso”.