«Nel primo film abbiamo visto Diabolik attraverso gli occhi di Eva, nel secondo attraverso quelli di Ginko, nel terzo ve lo raccontiamo finalmente attraverso quelli di Diabolik». Tre punti di vista diversi, tra impronte diverse. I Manetti Bros. concludono la trilogia dedicata al Re del Terrore con Diabolik chi sei?, presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public prima dell’uscita in sala il 30 novembre distribuito da 01 Distribution. «Il primo film è stata una grande sfida, abbiamo cercato l’eleganza, lo stile. Ci siamo messi alla prova nel raccontare gli anni ’60» spiegano i Manetti. «In questo capitolo giochiamo su un terreno più nostro: gli anni ’70».
In Diabolik chi sei? Ginko (Valerio Mastandrea) e Diabolik (Giacomo Gianniotti) se la devono vedere con un nuovo gruppo di criminali senza scrupoli che irrompe a Clerville. Sia Ginko sia la sua nemesi Diabolik conducono indagini sulla banda, uno per arrestarli e l’altro per impadronirsi del denaro che hanno rubato. Quando i due finiscono intrappolati, entrano in azione per salvarli − per la prima volta alleate – Eva ed Altea, interpretate da Miriam Leone e Monica Bellucci.«Le sorelle Giussani hanno creato Eva affinché salvasse sempre Diabolik e gli desse umanità. In un mondo in bianco e nero, Eva porta l’amore, è l’unica cosa che può superare violenza e corruzione di Clerville» spiega Miriam Leone. «Per la prima volta trova una donna come lei, libera, indipendente. Sia Eva che Altea amano i loro uomini al di fuori del matrimonio, una cosa che aveva dello scandaloso negli anni ’60, quando sono state scritte. Sono due donne indipendenti e spregiudicate, che con coraggio si uniscono per superare la rivalità in nome dell’amore». Per la Bellucci «Eva ed Altea vengono da due mondi opposti, ma hanno una femminilità comune, sono emancipate e sensuali in un mondo dominato dagli uomini». La complicità sullo schermo c’è stata anche sul set tra le due attrici: «Monica è grande amica delle donne, ti sostiene, ti affascina. Ci siamo molto divertite. Portare in scena questo superamento della rivalità è un messaggio importante».