Heart of Stone, il regista Tom Harper racconta in esclusiva i segreti del film con Gal Gadot

Dall’11 agosto su Netflix

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Gal Gadot, Heart of Stone

Il regista britannico Tom Harper racconta a Ciak, che lo ha incontrato in esclusiva su Zoom, quale sia stato il suo approccio a Heart of Stone, kolossal spionistico interpretato da Gal Gadot in arrivo l’11 agosto su Netflix.

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È vero che il film ricorda lo stile di Mission: Impossible, anche se in realtà (e non così stranamente), in fase di preparazione abbiamo guardato molti thriller degli anni ’70, da I tre giorni del Condor a La Conversazione. Forse non sono riferimenti ovvi, ma lo erano per noi, perché volevamo tornare alla sensazione di concretezza di una narrazione guidata dal personaggio, a film dove i protagonisti sono persone con emozioni vere, che lottano per condurre le loro vite, dice Harper.

Harper, già regista di Aeronauts (2019), A proposito di Rose (2018) e alcuni episodi di Peaky Blinders, era determinato nella scelta del tono di questo film: “Non volevamo fosse troppo dominato dalla CGI, o dal senso d’irrealtà. Quindi quei capolavori degli anni ’70 erano i riferimenti giusti cui guardare per ot- tenere il giusto tono e dar consistenza ai personaggi, in un film che non avesse un’immagine falsa, o di ‘plastica’”.

Come è entrato nel progetto?

Quando sono salito a bordo c’era solo un’idea venuta da Gal, su cui lei stava lavorando con Skydance, la società di produzione coinvolta anche in Mission: Impossible. Questa idea era stata sviluppata in diverse sceneggiature, ma era ancora nelle fasi iniziali, così quando mi hanno avvicinato ci abbiamo lavorato insieme, sviluppandola ulteriormente”.

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Cosa l’ha attratta?

Sono due gli aspetti che mi avevano particolarmente colpito. Il primo è che è un film originale in un genere che da tanti anni è saturo di franchise. In secondo luogo, che la protagonista è una donna. Gal mi ha detto fin dall’inizio che questo personaggio doveva essere una donna forte a modo suo e non una copia dello stereotipo maschile dell’eroe dei film d’azione. Ovviamente fa le cose in modo eroico: è una sopravvissuta, un’anticonformista e a volte una ribelle. Ma non è sola. Le sue azioni sono guidate da affetto e compassione verso gli altri. Spesso sembra che i personaggi agiscano come divinità, salvando il mondo, ma ignorando gli esseri umani che hanno di fronte. Qui invece le cose sono un po’ diverse e l’approccio è più umano”.

Anche in Aeronauts e A proposito di Rose i personaggi femminili sono molto forti. Lei è un regista di donne?

Mi piace l’idea che tu pensi una cosa del genere: non è che io voglia solo raccontare storie con protagoniste femminili, ma certamente sono vicende che mi attraggono. Penso che sia dovuto al fatto che in questo genere non ci siano abbastanza film dove la protagonista principale è una donna. Così questa è una scelta che per me rende tutto più originale ed eccitante”.

Quanto ha utilizzato il blue screen per girare le sequenze di azione?

Solo occasionalmente, ovviamente qualche blue screen c’è, ma molto poco. È servito per alcune delle riprese aeree a 12.000 metri d’altezza, ma abbiamo provato a rendere il tutto il più reale possibile. Siamo andati in tutte le location, eravamo lì per davvero, perché non abbiamo mai usato il Volume come fanno in Mandalorian e anche di blue screen ce n’è molto poco”.

Quindi è la sequenza iniziale quella che le ha creato i maggiori problemi?

Direi di sì e per molte ragioni, visto che avevo in mente tre inseguimenti contemporanei: c’era la teleferica che scende, Rachel Stone che si lancia nella sequenza aerea con il paracadute e poi parte anche la macchina. Il tutto accade contemporaneamente, con i percorsi di tutti che si intrecciano. La maggiore difficoltà era essere in montagna di notte con meno 20 gradi, perché volevo davvero girare di notte”.

Perché era così importante per lei?

Perché abbiamo già visto molte sequenze di inseguimenti sulla neve giù da una montagna. Il problema era il rischio che fosse buio pesto e non si vedesse nulla. Ci sono stati così tanti film d’azione, così tante cose sono state fatte prima di te, che cerchi sempre qualcosa che faccia risaltare la tua sequenza e sembri un po’ diversa dalle altre: per me era indispensabile raggiungere questo obiettivo. Per ottenerlo dovevamo sfruttare il bagliore alpino delle montagne negli ultimi 40 minuti di luce alla fine della giornata, cercando di catturarne il più possibile prima di perdere la luce e dover ricominciare. Ci sono volute due settimane al gelo per portare a casa il risultato, ma è stato anche molto divertente e davvero emozionante!

In quei giorni non si è pentito di essere in location?

No, è fantastico poter girare in una locaion: è stato importante per il film e per gli attori. Certo avremmo potuto girare almeno una parte in CGI, o fare tutto sul set virtuale del Volume, ma nel risultato finale ci sarebbero state sottili differenze davvero importanti. La realtà è sempre superiore al tentativo di ricrearla”.

Nel film c’è un sottotesto molto attuale sui pericoli legati all’abuso dell’intelligenza artificiale. A Hollywood su questi temi gli sceneggiatori sono in sciopero da tempo. Lei che ne pensa?

Questa è un’altra delle cose che mi ha davvero attratto del film: Heart of Stone, ovviamente, è un film d’azione che dovrebbe essere elettrizzante e divertente da guardare, ma tocca anche temi davvero interessanti. La nostra società si interroga sulla AI: quanto dovremmo esserne spaventati? È solo il corso naturale del cambiamento? Come la usiamo a nostro vantaggio? C’è qualcosa di straordinario, ci sono cose meravigliose con cui sarà in grado di assisterci e aiutarci? Come mantieni la tua umanità? Penso ad alcuni big data: come ci sentiamo a proposito di dare a tutti i nostri telefoni internet? Queste sono le domande davvero importanti con cui, nel bene e nel male, siamo alle prese oggi. Inserirle, spero in modo non didattico, nel film era per me adorabile. Noi cerchiamo di trovare la nostra strada e lo facciamo attraverso l’intrattenimento, la lettura, il giornalismo. Gli esseri umani hanno tanti modi di avvicinarsi a questi temi e capire come trovare la propria strada. Nel film ciò che i personaggi essenzialmente fanno è prendere questo incredibile strumento di potere portandoci a riflettere su come fare a non esserne definiti. Come mantenere la nostra umanità”.

Si rende conto che questo film potrebbe essere il primo di un nuovo franchise?

Cerco di non pensarci. Quando faccio un film, che sia un film a basso budget, una serie TV, o un kolossal ad alto budget, cerco solo di immergermi nella sceneggiatura e raccontare quella storia al meglio delle mie capacità. Se inizio a confrontarmi con altre cose e a pensare a sviluppi futuri mi distraggo e mi faccio prendere dal panico. Quindi il mio motto è: ‘concentrati solo su questo film, rendilo il più bello possibile e poi spera che piaccia alla gente’”.