Il Materiale Emotivo, intervista esclusiva a Sergio Castellitto

L’attore e regista racconta a Ciak l suo nuovo film (da domani in sala), dove è affiancato da Matilda De Angelis e Bérénice Bejo. Omaggiando il teatro e Ettore Scola: «Uno dei miei maestri»

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Ho deciso di cominciare il film con un sipario che si apre: in questo film tutto è finto, ma forse è più vero di ciò che sembra vero“. Così spiega Sergio Castellitto a proposito del suo nuovo lungometraggio da attore e regista, Il materiale emotivo, dal 7 ottobre in sala per 01 Distribution dopo l’anteprima in apertura del Bif&st Bari International Film Festival.

Il film, prodotto da Rodeo Drive con Rai Cinema, Mon Voisin Productions e Tikkun Productions, è scritto da Margaret Mazzantini a partire da un testo di Ettore Scola, Furio Scarpelli e Silvia Scola, Un drago a forma di nuvola: «60-70 pagine che non erano ancora una sceneggiatura completa», spiega Castellitto. «Mi piacque l’idea di partenza e mi resi conto che quel molto che c’era di non definito andava concluso, allora ho chiesto a Margaret di riscrivere questo soggetto». Un progetto nato prima del Covid («Ormai esistono i film prima della pandemia e dopo la pandemia, anche dal punto di vista artistico, emotivo», commenta Castellitto) e che gli ha permesso di unire diversi riferimenti importanti per la sua formazione. Uno di questi è certamente Ettore Scola: «È stato uno dei miei maestri, ho fatto due film con lui, sono stato suo amico, una figura molto importante per me». E il film trova proprio nella metafora teatrale una chiave per interpretare la poetica del grande regista scomparso nel 2016. «Molti film di Ettore – spiega Castellitto – sono definiti in una sorta di palcoscenico unico: penso a La terrazza, a Una giornata particolare, a La famiglia».

Quest’ultimo, insieme a Concorrenza sleale (2001), vedeva appunto nel cast lo stesso Castellitto. Il quale omaggia con Il materiale emotivo anche «Jacques Rivette, con cui ho fatto due film in Francia», ovvero Chi lo sa? (2000) e Questione di punti di vista (2009). Ma nel nuovo lavoro di Castellitto c’è anche Ĉechov, determinante nel background dell’attore-regista «per capire qualcosa sulla rappresentazione dell’anima umana», e naturalmente il rapporto fondamentale con il teatro: «Mi sono formato in teatro – prosegue Castellitto – poi c’è stato il cinema, anche in maniera importante e soddisfacente, però il teatro è un luogo abbastanza unico, eterno, straordinario. Il cinema dura da cent’anni, il teatro da 4000 anni e ne durerà altri 4000. Ci sarà sempre bisogno della carne di un uomo che sale su un palco e parla alla carne di altre persone che stanno sedute in platea».

Protagonista de Il materiale emotivo è Vincenzo (Castellitto), gestore di una libreria antica a Parigi. Un uomo, spiega Castellitto, «apparentemente fuori dalla moda corrente del vivere un’esistenza sostanzialmente digitale. Ormai siamo abituati ad un’esperienza della vita che si fonda sul virtuale, sull’immagine, sulla digitalità in tutti i sensi. Anche l’amore rischia di diventare digitale, anche l’odio è diventato digitale. Invece questo è un uomo che vive circondato dai libri, non possiede nemmeno un cellulare. Eppure ciò gli consente di essere legato a un’interiorità che probabilmente risulta agli occhi degli altri un po’ fuori dal mondo, quasi ridicola in certi momenti». E c’è anche il rapporto di Vincenzo con la figlia Albertine (Matilda De Angelis), che «ha avuto un trauma, vive paralizzata e soprattutto ha scelto di non relazionarsi più con gli altri attraverso il dialogo, non parla più. E in questo silenzio c’è tanto rumore, tanta comunicazione in altri modi. Infatti il padre riesce a parlare con la figlia solo attraverso la lettura delle pagine di alcuni libri. Riconsegnandoci – nota – anche una certezza che credevamo di aver perso: e cioè che la letteratura, il racconto, la fantasia, e qualsiasi forma d’arte, forse sono più contemporanei, più dotati di realtà e credibilità di quanto non lo sia la semplice informazione quotidiana alla quale siamo abituati. Se leggiamo sulla pagina di un libro della morte di un gatto, piangiamo tutte le lacrime del mondo, e invece riusciamo a continuare a mangiare la sera davanti al telegiornale, mentre ci raccontano di tragedie immani. Questo ci deve far riflettere». A turbare la routine del protagonista, arriva però un giorno Yolande (Bérénice Bejo): «Un’attricetta, una giovane donna anche un po’ ridicola, che però alla fine tira fuori una dolcezza, una nobiltà, un’intensità e una profondità che pensava magari di non avere». Ancora una volta, insomma, i personaggi femminili rivestono una grande importanza nel cinema di Castellitto e della sceneggiatrice, scrittrice e compagna di vita Mazzantini: «Anche qui – afferma il regista-attore – si vede la straordinaria forza della scrittura di Margaret, che sa scrivere di personaggi femminili in un modo unico. Il cinema italiano è tendenzialmente abbastanza misogino, sostanzialmente al maschile. Io invece grazie, alla sua scrittura, credo di aver costruito personaggi femminili forti: penso all’Italia di Non ti muovere, alla Fortunata interpretata da Jasmine Trinca. Hanno inadeguatezze, sono eroine ma eroine disadattate, fuori tempo, fuori luogo, e questo le rende affascinanti».

Nel cast de Il materiale emotivo, anche le partecipazioni di Sandra Milo, Alex Lutz e del rapper Clementino. Di Bérénice Bejo e Matilda De Angelis, Castellitto dice: «Sono due attrici scintillanti e piene di talento, ed entrambe hanno abbracciato con gioia, entusiasmo e generosità i personaggi e la storia del film, che in fondo ha la sua forza nella sua gracilità. È una storia di dialoghi, di parole, di silenzi, di passeggiate più o meno notturne». Come interprete, Castellitto ha recentemente offerto prove di forte impatto con film come Il talento del calabrone e Il cattivo poeta, da cui una riflessione sullo stato del nostro cinema: «Da quando faccio questo mestiere sento parlare di crisi e di rinascita del cinema. Penso che il cinema italiano oggi si fondi inevitabilmente su spunti individuali. Non abbiamo costruito una generazione che rimanda a un’idea comune. Mi sembra che ci sia tanto talento, ma appunto in termini individuali. Lo posso dire anche perché ho la fortuna di avere un figlio, Pietro, che lo scorso anno ha fatto un bel film come I predatori. Rivedere in mio figlio questa intenzione di continuare a pensare al cinema, e di farlo in termini di nuove idee, mi rassicura»