Il postino, la controfigura di Massimo Troisi e quel gesto in suo onore dopo la morte improvvisa

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È stata l’ultima interpretazione di Massimo Troisi, il film per cui diede, letteralmente, tutto il suo cuore. Parliamo ovviamente de Il postino, la pellicola del 1994 diretta da Michael Radford ispirata al romanzo Il postino di Neruda (Ardiente paciencia), dello scrittore cileno Antonio Skármeta.

La trasposizione cinematografica del romanzo fu fortemente voluta da Massimo, che ne acquistò ben presto i diritti e chiese a Michael Radford di dirigerlo. Lo stesso Radfrod che proprio qualche anno prima aveva chiesto a lui di partecipare come attore al suo Another Time, Another Place – Una storia d’amore, ruolo che Massimo rifiutò, in quanto non se la sentiva di partecipare ad un film straniero, oltretutto con un regista ancora agli esordi. Alla fine dei giochi Troisi riuscì a convincere Radford (si dice tramite un piccolo inganno: gli disse, infatti, di aver offerto la regia del film anche a Giuseppe Tornatore).

I problemi di salute

A quel punto Radford, Troisi e lo sceneggiatore Furio Scarpelli volarono a Los Angeles per ultimare la sceneggiatura. Le riprese, inizialmente previste per settembre 1993, furono rimandate per un improvviso problema di salute che colpì Massimo: da tempo sofferente di cuore, fu obbligato dai medici statunitensi a effettuare un ulteriore intervento cardiologico in quanto la valvola artificiale impiantatagli nel 1976 si era ormai completamente deteriorata, danneggiando anche la valvola aortica. Gli esiti infausti dell’intervento di sostituzione della stessa gli procurarono un infarto. Questo lo costrinse al rinvio delle riprese e ad una lunga convalescenza durante la quale gli venne fatta presente la necessità del trapianto. Nonostante la gravità del suo stato di salute, Troisi decise di rimandare l’operazione a data da destinarsi, preferendo prolungare la convalescenza il più possibile per cominciare le riprese e svolgere il trapianto in un momento successivo. L’attore napoletano decise dunque di non operarsi immediatamente per girare Il postino, così da non rinunciare alla possibilità di avere Philippe Noiret nei panni del poeta Pablo Neruda.

Massimo Troisi e Philippe Noiret

Le riprese iniziarono nell’autunno del 1993 sull’isola di Procida, ma inevitabilmente, Massimo era sempre più debole. La sua fragilità gli impediva di restare sul set per un tempo prolungato: tutte le scene che lo vedevano protagonista dovevano essere girate in non più di due ciak. La lavorazione della pellicola cominciò a ruotare intorno alla salute di Troisi: tutto veniva organizzato in modo tale da essere il meno pesante possibile per l’attore, che appariva sempre più in difficoltà. Per questo motivo si decise di ingaggiare una controfigura per le scene più faticose, quelle in bicicletta, che infatti sono quasi sempre in campo lungo o di spalle.

La controfigura di Troisi, Gerardo Ferarra

«Ad aprile fui contattato da una ragazza di Sapri che era fidanzata con un ragazzo di Napoli che lavorava nella produzione del film – racconta Gerardo Ferarra, l’uomo scelto come controfigura di Massimo Troisi con il quale aveva una straordinaria somiglianza. – “Venne a casa a prendersi qualche foto e dopo due giorni mi chiamarono per un incontro a Cinecittà. A Roma vidi il regista, Michael Radford, e Philippe Noiret, che nel film avrebbe interpretato Pablo Neruda. Il colloquio andò bene e qualche giorno dopo mi recai negli studi di Cinecittà per iniziare le riprese».

Quello stesso giorno Gerardo Ferrara incontrò anche Massimo Troisi e per entrambi fu come guardarsi allo specchio: «Fu un momento ricco di emozione, affetto e simpatia – ricorda Ferrara –. Massimo, resosi conto della mia emozione e del mio imbarazzo, mi abbracciò e mi disse “E tu mo ti fai vedere”. Poi volle sapere un po’ della mia vita e gli raccontai dei tanti episodi in cui mi era capitato di sentirmi dire che ero uguale a lui. Aveva sempre il sorriso».

Tra i due nacque presto un’amicizia, durata purtroppo poco, ma che segnò profondamente Gerardo.
Durante una delle riprese, a Salina, arrivò la moglie sul set per informarlo che a breve sarebbe diventato padre. “Scopro da mia moglie Elena che aspettavamo un bambino. La notizia cominciò a circolare sul set, dove c’era un’atmosfera magica. Massimo era riguardevole nei confronti di mia moglie e per scherzare, ci chiedeva Come sta Pablito?”, sperando che lo chiamassimo come il poeta cileno”.

Dopo la fine delle riprese, la notizia che sconvolse tutti: Gerardo viene a conoscenza della morte di Massimo, avvenuta nel sonno, all’improvviso. A quel punto, ci fu una sola cosa da fare. Lui e sua moglie decisero di chiamare loro figlio in suo onore. Massimo. 

Qui di seguito potete trovare il video di una recente intervista di Gerardo Ferrara, alla quale ha presenziato anche il figlio Massimo: