Killers of the Flower Moon, intervista esclusiva a Martin Scorsese

Dalle strade del Bronx della sua infanzia alle sterminate lande casa di chi su quella terra aveva camminato per primo. Killing of the Flower Moon, un capolavoro e un atto d’accusa agli Stati Uniti di oggi

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Killers of the Flower Moon Martin Scorsese

Killers of the Flower Moon offre l’occasione a Martin Scorsese di dipingere un altro affresco che racconta le molte anime oscure dell’America.

Gli Osage erano una delle grandi tribù nativo-americane. Erano originari delle terre che oggi chiamano Ohio e Mississipi, ma si espansero poi anche aree limitrofe, come il Kansas. Il governo federale da lì li spostò in Oklahoma nel corso del XIX secolo. Facendo loro un enorme favore. Nel 1897, infatti, nella riserva che gli era stata assegnata, scoprirono un enorme giacimento di petrolio. Diventarono la comunità più ricca d’America. E anche quella a maggiore rischio d’estinzione, ancora una volta per mano dell’uomo bianco.

Una storia ignobile, che Martin Scorsese aveva scoperto alcuni anni fa grazie a un libro

Killers of the Flower Moon: The Osage Murders and the Birth of the FBI, scritto da David Grann, è il punto di partenza di questo lungo viaggio intrapreso dal regista di Taxi Driver, insieme ai suoi due attori preferiti, Leonardo DiCaprio e Robert De Niro, che racconta gli eventi che portarono a quella che fu una sistematica campagna di eliminazione di una comunità per appropriarsi delle loro ricchezze.

Scorsese segue i tre personaggi cardine al centro dell’indagine che portò alla condanna di William Hale (De Niro) e suo nipote Ernest Burkhart (DiCaprio).

Hale era un bianco che si spacciava a protettore degli Osage, in realtà il suo obiettivo era appropriarsi delle loro concessioni petrolifere. L’unica maniera era ovviamente eliminare gli aventi diritto, un piano criminale che coinvolgeva, in un modo o nell’altro, tutti i non nativi che negli anni si erano recati in Oklahoma per cercare di godere della ricchezza degli Osage.

Il terzo lato del triangolo è l’erede della più ricca fortuna petrolifera tra le famiglie Osage, Molly Burkhart, moglie di Ernest, interpretata da Lily Gladstone, attrice di discendenza Blackfeet che ha già al suo attivo ruoli importanti, in particolare nel film Certain Women di Kelly Reichard, una delle più importanti registe del panorama mondiale, in cu recita al fianco di Kristen Stewart, Laura Dern e Michelle Williams.

Presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes, Killers of the Flower Moon è senza ombra di dubbio il film più atteso dell’anno, anche più di quanto non lo siano stati Barbie e Oppenheimer.

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Prodotto da Apple, avrà prima di tutto una normale distribuzione nelle sale prima di atterrare sulla piattaforma streaming del colosso di Cupertino, in una data che ancora non è stata stabilita, ma comunque abbastanza lontana dall’uscita in sala, per dare al film il giusto respiro e la necessaria importanza.

In Italia da 19 ottobre

Distribuito da 01 Distribution, dopo avere fatto un altro passaggio al BFI London Film Festival. È uno dei favoriti nella corsa all’Oscar 2024, che nonostante gli scioperi di sceneggiatori e attori potrà comunque contare su una serie di contendenti di grande valore.

Le vicende di Osage si intrecciano con un altro tragico e terribile evento, il massacro di Tulsa, sempre in Oklahoma, avvenuto tra il 31 maggio e il 1° giugno del 1921, una vera e propria caccia all’uomo da parte dei suprematisti bianchi nei confronti dei componenti della comunità nera. Il numero di morti relativi a quell’evento non sono ufficiali, vanno dai 39 ufficiali ai 300 che si avvicinano probabilmente alla realtà, dato che solo da pochi anni si sta facendo realmente luce sull’accaduto.

Anche questa storia ha contribuito alla realizzazione di Killers of the Flower Moon, come ci ha confermato lo stesso Martin Scorsese nell’intervista esclusiva che ha rilasciato a Ciak.

Killers of the Flower Moon racconta una pagina ignobile della storia americana, intrecciandosi con i terribili eventi di Tulsa. È passato un secolo, ma le cose in America non sono cambiate molto, vero?

La storia è un processo continuo. Non smettiamo mai di raccontarla. Di rivisitarla. E parte di questo processo è che l’idea stessa di “noi” viene costantemente rivista e ampliata. Questa è la chiave, credo. Quando ero giovane, le persone tendevano a vedere l’idea di “noi” in modo molto ristretto, “noi contro loro”. Nel mio mondo, c’eravamo noi – gli italiani, o in modo ancora più ristretto, i siciliani – e poi c’erano molti altri “loro”. Tutti quelli che conoscevo sono cresciuti così.

Ora non è più così, e questo è un bene. Quando ero giovane non era così facile esporsi a culture diverse. Bisognava impegnarsi davvero. La situazione è cambiata, e ovviamente in meglio. Tutto si è aperto. Ora siamo in grado di vedere la nostra storia da un punto di vista più ampio e in modo molto dettagliato. È uno sviluppo positivo. Altri sviluppi, ovviamente, non sono stati affatto positivi e la gente ha ragione a preoccuparsi.

In realtà, molte cose sono cambiate in questo Paese dagli anni Venti. Questo vale per ogni Paese. Le cose non smettono mai di cambiare. E non tutti i cambiamenti sono positivi. L’importante è che ci rifiutiamo di lasciare che il male metta in ombra il bene.

Il cast è eccezionale. DiCaprio, come non l’abbiamo mai visto prima. De Niro è pura e semplice malvagità contrapposta alla purezza di una figlia del Grande Cielo. Come ha costruito i personaggi insieme ai suoi magnifici interpreti?

Eravamo tutti concentrati per raccontare la storia nel modo giusto, cogliendo ogni dettaglio da ogni possibile angolazione: la vita degli Osage, le dinamiche tra i personaggi. E quando non sapevamo la risposta, abbiamo esplorato e lavorato fino a trovare un livello di verità. Prima di iniziare a preparare un film, dico a tutti che dobbiamo essere d’accordo di avere un obiettivo comune, un’idea comune della storia che stiamo cercando di raccontare.

Nel caso di Killers, avevamo una grande responsabilità: raccontare la storia del Regno del Terrore, un periodo tragico della storia degli Osage che non era molto conosciuto al di fuori delle comunità native delle nazioni. Ma stavamo anche esplorando il grande mistero della storia d’amore tra Mollie ed Ernest.

Abbiamo parlato con molte persone i cui genitori o nonni avevano una conoscenza di seconda o addirittura di prima mano di quei giorni, e da quelle conversazioni siamo arrivati a credere che Mollie ed Ernest si amassero e basta. Per noi è stato un territorio molto interessante da esplorare.

Abbiamo perso il conto delle volte che lei e Thelma Schoonmaker avete lavorato insieme. Sono tutti film incredibili, ma direi che in questo caso il montaggio ha un valore ancora più fondamentale del solito per raggiungere l’equilibrio e il ritmo necessari alla storia.

Ogni film che sono riuscito a realizzare è stato una lotta. Non mi lamento, è solo la realtà. Perciò, per portare a termine i film, ho avuto bisogno di lavorare a stretto contatto con collaboratori che capissero cosa volevo ottenere. Bob De Niro e Leo Di Caprio, per esempio. E, naturalmente, Thelma Schoonmaker. Io e Thelma ci conosciamo da circa 60 anni e abbiamo un legame indissolubile, una fiducia e una comprensione reciproca. Lei ha una sensibilità e un’attenzione straordinarie per ogni dettaglio di ogni film. Come ho detto a qualcuno di recente, lei edita con il cuore. Non conosco un modo migliore per dirlo.

Senza rivelare nulla, Killers of the Flower Moon spiega con il suo bellissimo finale che raccontare storie e conservare ricordi sono le nostre difese contro gli orrori che ci circondano. Perché ha scelto di concludere il film con questo messaggio?

Sono contento che tu abbia colto questo aspetto. Nonostante tutto – tutti i soldi e le terre rubate, tutti gli omicidi commessi, tutte le umiliazioni subite dagli Osage, tutti i tentativi di cancellare la cultura… alla fine gli Osage sono sopravvissuti. Gran parte della cultura esiste, è viva. È un motivo per festeggiare.