Falling, Viggo Mortensen: «Volevo fare il regista da 25 anni»

L'attore candidato all'Oscar per Green Book esordisce alla regia con un'opera intimista e toccante

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Il momento del confronto tra padre e figlio è un vero pugno nello stomaco, doloroso da recitare.

«Una scena molto importante arrivata piuttosto presto nelle riprese. Sarebbe stato più facile se avessimo potuto aspettare un po’, ma prima o poi dovevamo affrontarla e sapevamo che sarebbe stata disturbante per il pubblico così come per noi da attori.

Falling viggo mortensen

Una scena importate per tutto il team: quando abbiamo finito la gente intorno a noi era visibilmente scossa, alcuni addirittura piangevano. Da quel momento le cose sono andate ancora meglio sul set perché la troupe si è sentita emotivamente ancora più coinvolta dalla storia che stavamo raccontando».

Tra le difficoltà di mettere in scena quella feroce resa dei conti c’era la necessità per Lance di tornare nei luoghi bui della sua infanzia.

«Il vantaggio dell’attendere i finanziamenti è che Lance ed io abbiamo trascorso alcuni anni a parlare del film e a conoscerci. Quando l’ho chiamato per dirgli che il film finalmente si sarebbe fatto, non avevo ancora avuto i finanziamenti, ma ho guardato quanti soldi avevo in banca, ho chiamato il direttore della fotografia e lo scenografo e siamo partiti per i sopralluoghi. Speravo che il mio entusiasmo sarebbe stato contagioso e infatti ha funzionato.

Ho chiesto a Lance se era ancora disponibile ma lui sembrava titubante, temeva che sarebbe stato troppo impegnativo per la necessità di spingersi nelle pieghe oscure del suo passato. Ha cominciato a raccontarmi terrificanti storie della sua infanzia.

È cresciuto in strada, ha imparato a leggere solo a trent’anni. A cinque anni sua madre, che aveva bevuto qualche drink di troppo e voleva starsene con l’uomo del momento, lo ha buttato fuori di casa al freddo, nella notte, mettendogli in mano un documento e dicendogli: “questo è il tuo certificato di nascita, così saprai sempre chi sei”. Rideva mentre me lo raccontava, non so come abbia potuto superare tutto questo, gli ci sono voluti decenni».

E a proposito di una certa mascolinità tossica, Mortensen commenta:

«Ci sono tanti modi di essere uomo quanti sono gli uomini, non si può generalizzare. Siamo molti più confusi e sfumati e credo che in Falling – Storia di un padre le domande superino le risposte. Odio i film anche ben fatti che ti dicono cosa pensare e cosa provare.

Una volta Agnes Varda mi ha chiesto che progetti avessi e quando le ho risposto che stavo cercando di dirigere un film mi ha detto: “non mostrare nulla agli spettatori, ma cerca di far nascere in loro il desiderio di vedere cose e provare emozioni”».