Io sono nessuno — Intervista a Bob Odenkirk

Finalmente nelle sale, a partire dal 1 luglio, "Io sono nessuno" con uno strepitoso Bob Odenkirk

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Un uomo dal volto pesto e sanguinante è ammanettato a un tavolo. Con studiata lentezza estrae dalla tasca della giacca i cerini, un pacchetto di sigarette e se ne accende una. Mentre fuma, con la stessa imperturbabile calma, estrae da una tasca interna una scatoletta di tonno e la apre. A quel punto dalla giacca esce un gattino, che inizia a mangiare golosamente il tonno. Controcampo: siamo in una sala interrogatori della polizia e uno dei due agenti, interdetti di fronte alla scena, domanda «Who the fuck are you?».

Titoli di testa: Nobody (reso in italiano con Io sono nessuno). Se un inizio del genere non basta per desiderare di poter correre immediatamente a vedere questo film diretto da Ilya Naishuller (già responsabile dell’anfetaminico Hardcore!, tutto girato in soggettiva stile videogame) e interpretato da un superbo Bob Odenkirk (diventato celebre grazie al caotico avvocato Saul in Breaking Bad e diventato titolare della serie prequel Better Call Saul), forse state leggendo il giornale sbagliato.

Odenkirk, sembra che il suo Hutch Mansell in Nobody sia la rivincita del povero Saul, non trova?

«(Ride) In effetti. Comunque un collegamento tra i due personaggi c’è davvero: sotto un aspetto dimesso e inoffensivo infatti si dimostrano entrambi persone tenaci, che non rinunciano mai ai loro obiettivi e quando hanno preso una decisione non si fermano di fronte a nessuna batosta, sono sempre pronti a rialzarsi e continuare a combattere. Psicologicamente sono molto vicini, è poi nella pratica che il loro comportamento è molto differente».

Per la prima volta la vediamo nei panni di un action-hero, anche se atipico, è stata dura prepararsi a questo ruolo?

«Durissima! Ho dovuto sottopormi a due anni di training fisico, perché volevo essere in grado di girare tutte le scene dei combattimenti in prima persona, senza chiedere l’aiuto degli stunt-men ed era importante abituare il mio corpo alla coreografia della lotta, per non rischiare incidenti. Sapevo che avrei dovuto lavorare molto sul mio fisico, ora ho 58 anni e negli ultimi 25 anni sono stato principalmente uno sceneggiatore di commedie, l’esercizio del corpo non ha mai avuto grande parte nella mia vita. Ora però ho raggiunto una forma pazzesca e voglio mantenerla: ho sviluppato una muscolatura che mi piace, non uno di quei fisici da supereroe come quelli di Chris Hemsworth, o Chris Evans, ma quello di un normale padre di famiglia in buona forma».

È molto interessante la mutazione di Hutch che, da travet frustrato, si rivela una vera macchina da guerra.

«Hutch conosce i danni provocati dalla violenza, così quando due ladruncoli irrompono una notte nella sua casa non si difende, sperando di evitare guai peggiori alla sua famiglia. Questo però allontana da lui suo figlio adolescente Blake e la moglie Becca, che lo ritengono un pavido e un perdente, così lui finisce per sfogare la rabbia repressa da tanto tempo difendendo una ragazza molestata sull’autobus da un gruppo di bulli. È un’azione di incredibile violenza, che provoca la vendetta di un boss e lo costringe a mostrare la sua anima nascosta per salvare se stesso e la sua famiglia».

Che modelli ha avuto nel costruire il personaggio? Lo sceneggiatore del film è Derek Kolstad, lo stesso di John Wick, ma io ci vedo dell’altro.

«Lo sceneggiatore può anche aver messo il Dna di John Wick nel film, ma in questo caso le dinamiche sono totalmente diverse: qui tutto è scatenato dal fatto che Hutch è un padre e marito sottovalutato e trascurato, che dopo aver accettato ogni umiliazione senza mai reagire non riesce più a contenere la sua frustrazione e la sua rabbia, scatenando una serie di eventi pericolosissimi».

È stato più difficile sottoporsi a due anni di allenamenti, o interpretare un personaggio tanto lontano da quelli cui ci aveva abituato?

«Per me la cosa più difficile è stata rinunciare alla dimensione ironica della recitazione, perché il modello per me qui sono stati gli eroi d’azione classici come Charles Bronson nel Giustiziere della Notte e il Clint Eastwood Ispettore Callaghan, cioè i protagonisti di quei film degli anni ’70 con cui sono cresciuto. Poi però ci ho messo del mio, perché per me è difficile recitare una scena totalmente seria dall’inizio alla fine. Questo vale anche per Better Call Saul, mi piace poter strizzare l’occhio al pubblico quando il personaggio lo permette: è il mio stato più naturale».

Non trova che nella prima parte del film il suo Hutch assomigli un po’ al Mr. Incredible degli Incredibili, costretto alla routine del lavoro d’ufficio?

«Sì, sono davvero molto simili! Entrambi sono consci delle loro capacità, ma vorrebbero limitarsi e comportarsi solo da buoni padri e mariti, anche se il destino deciderà diversamente per loro. In fondo, nonostante tutte le scene d’azione e i combattimenti di Nobody, questo film è una potente denuncia contro la violenza inutile, che va sempre evitata per non incorrere in guai peggiori. La vendetta porta sempre e solo a un bagno di sangue peggiore di quello che si possa prevedere».