Jazz Set, “il cinema come il jazz”

Intervista a Steve Della Casa e Caterina Taricano, registi di JAzz Set, documentario presentato alla Festa del Cinema di Roma

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Ninni Bruschetta, Jazz Set

La musica, quella popolare e quella jazz, alla Festa del Cinema di Roma si incontra con il cinema nel documentario di Steve Della Casa e Caterina Taricano, Jazz Set, presentato nella sezione Freestyle. Un tributo alla nostra miglior canzone d’autore per mostrare cosa può accadere ad un brano popolare quando viene tradotto nel linguaggio jazz.

Jazz Set parte dall’idea che la poesia possa esprimersi anche senza parole. Della Casa e Taricano raccontano come essa possa manifestarsi anche nella sola musica senza perdere contenuto in modo sempre originale e diverso. Lino Patruno, musicista e cabarettista, fa da guida in questo viaggio in cui il cantautorato italiano viene riletto in una specifica forma jazz.

In Jazz Set alcuni dei più importanti musicisti del nostro Paese eseguono alcune delle canzoni più belle dei cantautori italiani: Fabrizio Bosso, Fabio Massimo Colasanti, Roberto D’Aquino, Alfredo Golino, Massimo Moriconi, Simone Salza, Elisabetta Serio, Arturo Valiante.

I registi Steve Della Casa e Caterina Taricano mettono al centro della narrazione il lavoro dei protagonisti, in un connubio riuscito tra dialoghi e musica. Il backstage, che precede e segue le performance, diventa il luogo in cui prendono forma i racconti, le analisi e le riflessioni dei musicisti insieme alla partecipazione dell’attore Ninni Bruschetta.

Intervistati da CIAK Steve Della Casa e Caterina Taricano hanno raccontano questa loro straordinaria esperienza.

Come è nata l’idea di Jazz Set?

Della Casa: “Questo gruppo di musicisti, professionisti di fama, avevano l’idea di realizzare il progetto di un disco e una tournée che riprendesse le canzoni del cantautorato italiano riproponendole in chiave jazz senza le parole. L’idea ci è parsa molto creativa e abbiamo pensato di raccontare le loro prove e poi vedere che tipo di storia ne sarebbe venuta fuori”.

Taricano: “Sono canzoni dalle parole importanti, canzoni note, anche popolari, da Pino Daniele a De André e Luigi Tenco. I musicisti hanno messo insieme un repertorio di artisti a volte differenti tra loro lasciando la parola ai loro strumenti”.

Come siete riusciti a montare in armonia le riflessioni con la parte musicale?

Della Casa: “Siamo stati anche noi molto jazz. Abbiamo tirato giù l’idea, ma ci siamo lasciati anche un margine di improvvisazione proprio come si fa nel jazz, per capire anche cosa sarebbe successo a noi di fronte a quello spettacolo”.

Taricano: “Per me è stata una sfida personale e anche una scoperta, perché in questo viaggio attraverso la musica senza le parole abbiamo assaporato emozioni nuove e abbiamo capito in che modo la musica senza la parola può trasformarsi senza perdere il suo forte nucleo poetico”.

Qual è il vostro rapporto con la musica jazz?

Della Casa: “Mi sono innamorato del jazz quando ero ragazzo guardando Ascensore per un patibolo di Louis Malle e, tempo dopo, Fino all’ultimo respiro (À bout de souffle, 1960) di Jean-Luc Godard che hanno una colonna sonora jazz memorabile, e ho capito che il jazz era qualcosa di interessante. Non sono un grande esperto di musica, ma la ascolto con piacere e in qualche modo collego il jazz al cinema che più mi piace, quello di sperimentazione che ha qualcosa da raccontare. Il jazz è una musica difficile che però appare molto facile all’ascolto, allo stesso modo mi piace il cinema che sa essere semplice pur raccontando storie complesse”.

Taricano: “Il jazz è stata una scoperta per me attraverso questo lavoro. Come il cinema, può esprimere grandi opposti, dalla violenza profonda ad una grandissima straordinaria tenerezza”.