John Landis: «John Belushi persona amabile, una tragedia non aver visto abbastanza»

Il regista di The Blues Brothers a Pordenone con la moglie costumista Deborah Nadoolman Landis per la rassegna "Personaggi, costumi e cinema muto"

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Deborah Nadoolman Landis e John Landis @Valerio_Greco

«Il cinema è un’arte nuova in confronto alle altre. La cosa che ci colpisce ancora è la velocità con la quale è cambiata e sta cambiando». Parole di John Landis ospite dell’edizione 2022 delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone (1 – 8 ottobre) insieme alla moglie costumista, Deborah Nadoolman Landis, direttrice del David C. Copley Center for Costume Design dell’UCLA e curatrice nella città friulana della serie di rassegne dedicate alla storia dei costumi e della moda nel cinema delle origini. Con loro, presente anche Michelle Tolini Finamore, curatrice di moda e autrice del libro Hollywood Before Glamour: Fashion in American Silent Film (2013).

La storia dei costumi e il loro legame con il cinema è un tema al quale Deborah Nadoolman Landis ha cominciato ad interessarsi molto tempo fa e che ritiene «fondamentale» ma ancora troppo «sottovalutato», nonostante abbia contribuito all’evoluzione dell’immagine di Hollywood e del racconto cinematografico prima dell’avvento del sonoro.

«Mi sono resa conto che il rapporto tra cinema e costume è sempre rimasto troppo marginalizzato, quando invece si tratta di un legame fondamentale – ha spiegato la costumista – Le emozioni del pubblico si basano su quel che vedono sullo schermo e i costumi sono parte integrante di quella emozione».

John Landis alle Giornate del Cinema Muto – Credits: Valerio Greco

L’amore per il cinema e per i costumi accomuna i coniugi Landis, coppia nella vita come nel lavoro, a partire dai loro inizi negli anni ’70, quando portarono al successo film come Animal House e The Blues Brothers. Di quel periodo, sottolinea Landis, è stato di fondamentale importanza conoscere e frequentare i pionieri del cinema: «Ho iniziato a lavorare quando molti di loro, come Hal Roach o King Vidor erano ancora vivi ed erano a Los Angeles. Mi sono fatto raccontare come lavorassero». A proposito del suo capolavoro sui fratelli Blues, il regista racconta: «In Blues Brothers volevo a tutti i costi che il completo di Cab Calloway fosse bianco neve. Mi dicevano tutti che non era possibile, invece alla fine l’abbiamo fatto!». E su John Belushi: «Era una persona meravigliosa. In Blues Brothers aveva dipendenza da cocaina e alcol, cosa che noi non potevamo controllare. Spettava solo a lui. Ma Belushi era una persona dolce, amabile. Ho adorato lavorare come regista per lui. La più grande tragedia è che non abbiamo visto abbastanza quello che era in grado di fare».

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Tornando alla storia dei costumi, Deborah Nadoolman Landis ha spiegato l’apporto fondamentale di una figura come Piero Tosi: «Lui era il migliore di tutti, non solo per Il Gattopardo. Lo stesso valore che dava ai costumi magnificenti e sfarzosi lo dava a quelli più semplici dei film neorealisti». E a proposito di film neorealisti, ricorda un aneddoto: «Tosi stava facendo delle ricerche per i costumi alla stazione di Milano. Faceva foto a chi scendeva e saliva sul treno. Notò una donna che gli sembrò perfetta, le chiese se poteva comprare il suo cardigan, ma lei si spaventò. Ma quando le disse che gli sarebbe servito per un film con Anna Magnani, cambiò tutto: “Se è per lei, glielo do subito e anche gratis!”».

La coppia ha poi concluso con un siparietto di vita domestica: «Una volta chiesi a Hitchcock perché portasse sempre la cravatta a lavoro – racconta Landis – E lui mi disse: per rispetto alla nostra arte. Per questo, quando giro un film, indosso sempre la cravatta. Anche se a volte Deborah critica le mie scelte dicendomi: ‘Davvero ti sei messo questa oggi?!‘».