La meglio gioventù – Il Troisi festeggia i 20 anni del film riunendo il cast

Tra gli intervenuti all'evento per celebrare il pluripremiato film del 2003, il regista Marco Tullio Giordana e gli interpreti Luigi Lo Cascio, Jasmine Trinca, Alessio Boni, Sonia Bergamasco e Valentina Carnelutti.

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Compie vent’anni La meglio gioventù, il film di sei ore nato come progetto televisivo per la Rai e poi selezionato a Cannes (dove ha vinto il riconoscimento di Un Certain Regard, solo uno dei suoi tanti premi, inclusi 7 Nastri d’argento e 6 David di Donatello), che dietro il titolo ripreso dalla raccolta poetica di Pier Paolo Pasolini del 1954, narra quasi un quarantennio di storia italiana attraverso le vicissitudini della famiglia Carati.

Per festeggiare, il Cinema Troisi di Roma ha proiettato domenica 3 dicembre l’intera opera (col contributo di Rai Teche che ha fornito la copia) riunendone il cast artistico e tecnico, dal regista Marco Tullio Giordana a molti degli interpreti, come Luigi Lo Cascio, Jasmine Trinca, Sonia Bergamasco, Alessio Boni e Valentina Carnelutti, passando per gli sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia, il direttore della fotografia Roberto Forza, lo scenografo Franco Ceraolo, il montatore Roberto Missiroli, la segretaria di edizione Cinzia Liberati, il truccatore Enrico Iacoponi e il produttore esecutivo Gianfranco Barbagallo.

«La famiglia è centrale in Italia, e noi avremmo fatto delle storie che raccontavano, dal Dopoguerra ad oggi, l’idea della famiglia», ricorda il co-autore del copione Stefano Rulli a proposito dell’idea che diede inizio a tutto, «La prima parte di quel percorso è andata in televisione, per “fortuna” andò male, e quindi con la seconda parte, che riguardava la nostra generazione, cambiando alcune cose divenne un film».

«Finito il montaggio», rammenta a sua volta Sandro Petraglia, «erano passati due o tre mesi e la Rai non si decideva a mandarlo in onda». È in questo contesto che, durante un pranzo col collega Rulli, Giordana e Barbagallo nasce quasi per scherzo l’idea «un po’ folle» di proporlo a Cannes. Un’idea che diviene realtà, sancita da una visita del direttore del festival, Thierry Frémaux, a Roma: «Metà di noi non capiva bene perché lui parlava solo francese, ha cominciato a fare tantissimi complimenti alla storia, al film, agli attori, quasi non si capiva cosa stesse succedendo e che cosa volesse da noi quest’uomo. Finalmente ci disse: “Venite tutti a Cannes, perché questo film va a Un Certain Regard”».

Una scommessa vinta, di cui le attrici e gli attori presenti al Troisi hanno ricordato più di un particolare, a cominciare dalla forte intesa reciproca creatasi sul set nel corso dei sei mesi di riprese: «Ricordo la felicità con cui abbiamo sempre affrontato tutto giorno per giorno», afferma Sonia Bergamasco. «Io non volevo fare l’attrice», confessa invece Jasmine Trinca, che all’epoca aveva all’attivo solo La stanza del figlio di Nanni Moretti: «Bisogna riconoscere a Marco Tullio Giordana una specie di “fiuto” su tanti di noi», aggiunge l’attrice, chiamando un applauso per «la più grande di tutti noi», ovvero la oggi novantaduenne Adriana Asti, che nel film dà il volto Adriana Carati.

Chi invece aveva già lavorato con Giordana era Luigi Lo Cascio, protagonista (premiato col David di Donatello) del precedente I cento passi, di cui La meglio gioventù riunisce molti dei collaboratori. «Quando ci fu la festa dei David di Donatello per i cento passi», racconta Lo Cascio, «vennero a trovarmi Alessio [Boni] e Fabrizio Gifuni per festeggiarmi, avevamo fatto l’Accademia insieme. E l’indomani Marco Tullio mi chiamò e mi disse: “Ma che begli amici, che hai!”. È bello vedere questa amicizia, questa solidarietà tra attori, e penso sia stata importante anche per I cento passi». «Mi fa impressione», prosegue, «anche il fatto che allora avessi trentadue anni e a un certo punto fingevo di averne sessanta, con figli di vent’anni. Probabilmente adesso reciterei peggio la parte del padre, m’immaginavo un padre ideale che in realtà non sono».

Valentina Carnelutti ha invece rievocato il suo provino: «A differenza degli altri che non avevano figli e adesso li hanno, io avevo già le figlie e adesso ho le nipoti! Mi chiama l’agente, avevo fatto pochissime cose, e mi dice “C’è Marco Tullio Giordana, ti vuole vedere”. Io avevo visto I cento passi, ero con le mie figlie in vacanza all’isola d’Elba e ho “mollato” loro in spiaggia con un’amica, ho preso il treno e poi il mio motorino e sono andata all’incontro con lui, sudata (era luglio!), goffa, imbarazzata, lui mi ha detto “Calmati, da dove vieni?”. Poi mi ha chiesto cosa studiassi, cos’altro facessi, e poi guardando Barbara Melega [l’aiuto regista, NdA] disse “Segna tutte queste cose”, che in effetti sono entrate nella Francesca de La meglio gioventù. Lì ho scoperto che un regista può prendere delle cose di te e dirti di regalarle al  personaggio, e questa per me è stata la grande lezione di Marco Tullio nel film».

«Raramente quando leggo una sceneggiatura mi commuovo o mi vengono i brividi», afferma invece Alessio Boni, «Mi ricordo che presi in mano questo copione, era diviso quattro trattandosi di sei ore, mi dissi: “Ne leggo uno”, e fino alle tre di notte sono stato catapultato dentro questa storia, il giorno dopo ho chiamato la mia agente cercando di poter andare al meglio da Marco Tullio per questo provino. Fu un incontro bellissimo. Non era un provino, mi chiese cosa leggessi, il mio colore preferito, se mi piacesse di più la montagna o il mare. Poi, a un certo punto, si è acceso un campanello quando dissi che avevo fatto anche il poliziotto nel reparto celere».

Tra i molti intervenuti, il produttore Barbagallo ha sottolineato come «l’ispirazione» di Marco Tullio Giordana avesse contribuito a fare la differenza, per esempio nell’allestire la scena della dichiarazione d’amore dopo l’alluvione di Firenze, non prevista da copione: «Potersi fidare del regista ispirato è un jolly, tu gli vai dietro, fai tutto e viene tutto bene».