Luca Lucini e Ago Panini raccontano Mameli: «L’inno d’Italia? Nacque quasi come un coro da stadio»

Lo si scopre guardando "Mameli - Il ragazzo che sognò l’Italia", la serie in onda il 12 e 13 febbraio su Raiuno

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Mameli - Il ragazzo che sognò l’Italia

Il racconto di due anni (dal 1847 al 1849) di guerra, di politica, di poesia, di sotterfugi, di tradimenti e di amore, nell’ardore della Prima Guerra di Indipendenza e della difesa della Repubblica Romana. Ma Mameli – Il ragazzo che sognò l’Italia, la serie tv in onda in due serate in prima visione su Raiuno lunedì 12 e martedì 13 febbraio, è soprattutto la storia di un ragazzo con il cuore antico e lo sguardo rivolto al futuro, degli adulti attorno a lui e dei suoi coetanei che, proprio come lui, «hanno rapporti burrascosi tra loro, si oppongono al potere ufficiale, all’autorità costituita. E cercano una loro via, fatta di parole e canzoni, di “scherzi” e “flashmob”, di iniziative provocatorie e interventi sul campo», spiegano i due registi, Luca Lucini e Ago Panini, in un’intervista a Ciak.

A ricreare, nella produzione di Pepito realizzata in collaborazione con Rai Fiction, quel fervore, quel clima di coraggio e di fame di libertà, di moti fisici e dell’anima, ci pensa un grande cast, dove giovani talenti si incontrano (e talvolta scontrano, o almeno lo fanno i loro personaggi) con grandi attori italiani: accanto al bravissimo protagonista Riccardo De Rinaldis Santorelli, ci sono infatti Amedeo Gullà, Neri Marcorè, Isabella Briganti, Barbara Venturato, Lucia Mascino, Luca Ward, Chiara Celotto, Gianluca Zaccaria e Giovanni Crozza Signoris. Il risultato è una serie-evento che cambia il modo di pensare alla Storia, al Risorgimento o anche solo a quel componimento, scritto dal giovane Goffredo Mameli, messo in musica da Michele Novaro (interpretato da Niccolò Ferrero, discendente del vero Novaro) e diventato poi, molto tempo dopo, l’Inno nazionale della Repubblica Italiana

Perché una serie, oggi, su Mameli?
Luca Lucini: Il progetto ci è stato proposto da Pepito Produzioni e Agostino Saccà. Avevo appena fatto un film con loro e mi hanno chie- sto, senza scendere nei dettagli, se mi sarebbe piaciuto fare qualcosa di storico, in costume. È un po’ il sogno di tutti i registi. Quando poi ho scoperto il progetto, ho pensato subito ad Ago, col quale sono nato e cresciuto. Abbiamo iniziato insieme a sognare di fare cinema, da ragazzini. È come se avessimo cercato di tra- smettere lo spirito di un sogno che, ovviamente per i protagonisti della storia, era molto più grande, perché consisteva nel creare una nazione. Ci tenevamo a mettere quell’incoscienza giovanile. Avendola vissuta nel nostro piccolo, è stato come se si fosse coronato una sorta di nostro Risorgimento personale.

Ago Panini: Aggiungo che abbiamo lavorato dimenticandoci dell’iconografia classica degli eroi del Risorgimento, facendoli scendere dai piedistalli, dalle targhe delle vie, dai nomi delle scuole, per raccontarli vivi, pieni di dubbi, di energia, di voglia di vivere, come lo sono i loro coetanei odierni. Probabilmente oggi apparter- rebbero a un movimento come quello di Greta Thunberg. Abbiamo cercato apposta un cast di giovanissimi perché volevamo quell’energia lì, che è unica.

Scopriremo di più su Goffredo Mameli. Può essere considerato una rock star del suo tempo?
AP: Raccontiamo il percorso che porta Goffredo a diventare Mameli. È un ragazzo della borghesia genovese che, come molti attorno a lui, vuole provare a fare qualcosa per il mondo. Allo stesso tempo, però, ama stare con gli amici, è affascinato dalle ragazze. I vari incontri, come una pallina da biliardo che carambola, lo fanno diventare Mameli. La cosa fantastica è che, quando scrive il testo di quello che poi diventerà l’Inno, lo fa per una specie di geniale flashmob. Poi gli scappa di mano. Il testo prima e dopo la melodia di Michele Novaro, lo precedono come un’onda, diventano un successo popolare. È un primissimo caso di viralità. Noi poi continuiamo a raccontare il ragazzo. È una sorta di “Via Pál”, una storia di gente che insieme diventa qualcosa di clamoroso.

LL: Poi, fra l’altro, Mameli è morto in perfetto stile rock star. La sua forza credo sia stata, come quella di tanti grandi artisti, di saper cogliere, in un momento storico preciso, un sentimento comune.

Fino a poco tempo fa la guerra, la libertà, l’ardore patriottico sembravano temi quasi superati, relegati al passato. Purtroppo sono tornati di estrema attualità… LL: Di estrema e drammatica attualità. Mentre stavamo sviluppando il progetto era in corso la rivolta delle donne in Iran. L’abbiamo presa spesso come esempio. La guerra in Ucraina e poi il conflitto che ha nuovamente acceso la Striscia di Gaza stanno, ahimè, rendendo ancora più attuale un tema come quello della lotta per la libertà.

AP: Con i ragazzi sul set abbiamo parlato dei loro coetanei che oggi combat-
tono davvero. Fra l’altro abbiamo deciso di girare, non in modo statico e piano,
ma in maniera impetuosa. Quasi per trasmettere un’emergenza di libertà.

Come avete gestito questa doppia regia?
AP: Nel modo più semplice: facendo tutto insieme, dall’inizio alla fine. Abbiamo davvero iniziato da giovanissimi, facendo insieme le comparse alla Rai e sognando il cinema. Quando poi è arrivata l’occasione, abbiamo stabili- to questo dualismo fatto di grande rispetto e apprezzamento per ciò che è l’altro. Luca, ad esempio, sa astrarsi ed essere il primo spettatore.

LL: Abbiamo una grande complicità che è data dalla complementarietà. Lavorare insieme ci aiuta sia psicologicamente che a livello pratico.

AP: Arriviamo per primi sul set e proviamo la scena fra di noi, con i fogli in mano. Il resto va abbastanza veloce.

LL: … E poi abbiamo lavorato con grandi attori, che hanno sposato il progetto, e anche il cast tecnico è stato fantastico.

È cambiato il vostro modo di ascoltare l’Inno? Cambierà quello degli italiani?
LL: È la missione. Per noi è cambiato. Ora ogni volta che lo sento mi emoziono in modo diverso. So quanta sofferenza, gioia, battaglie ci sono dietro. Spero che avvenga anche per gli altri italiani, senza strumentalizzazioni. L’Inno è un valore di tutti. Ognuno vi si deve riconoscere con gioia e con forza.

AP: Esatto. Riascoltarlo, alla luce della serie, credo lo renda ancora più italiano. Il testo fu scritto all’epoca da un 19enne, ha attraversato un sacco di vicissitudini per divenire ufficiale solo negli anni Duemila. Nacque quasi per gioco. Si capisce anche perché è così semplice la musica. Doveva quasi essere come un coro da stadio!