Polesine e cinema, una lunga storia d’amore in mostra a Rovigo (foto)

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Pupi Avati: “La casa dalle finestre che ridono”; scena girata a Porto Caleri, Foto © Cesare Bastelli
Pupi Avati: “La casa dalle finestre che ridono”; scena girata a Porto Caleri, Foto © Cesare Bastelli

La lunga storia d’amore tra il cinema e il Polesine, che in oltre ottant’anni ha dato vita a opere indimenticabili destinate a rimanere nella storia della settima arte, è oggetto di un’ampia rassegna dal titolo Cinema!, Storie, protagonisti, paesaggi, curata da Alberto Barbera, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova con Accademia dei Concordi e Comune di Rovigo, e ospitata a Palazzo Roverella di Rovigo dal 23 marzo al primo luglio.

Mario Soldati: “La donna sul fiume”, Sophia Loren © Archivio fotografico - Cineteca Nazionale
Mario Soldati: “La donna sul fiume”, Sophia Loren © Archivio fotografico – Cineteca Nazionale

La mostra testimonia la singolare attrazione che il cinema ha provato, e continua a nutrire, per il Delta del Po, la dove il Grande Fiume si confonde con l’Adriatico. Si calcola infatti che le acque, i lembi di sabbia, le piane dell’ampio Delta siano state protagoniste, più che semplice scenario, di almeno 500 tra film, documentari, fiction televisive, girati dai più grandi registi fra cui Luchino Visconti (Ossessione), Roberto Rossellini (Paisà), Giuseppe De Santis (Caccia tragica), Michelangelo Antonioni (Gente del Po, Il grido), Alberto Lattuada (Il mulino del Po), Mario Soldati (La donna del fiume), Florestano Vancini (Uomini della palude, Tre canne e un soldo, Delta padano, Una capanna sulla sabbia), Pupi Avati (La casa delle finestre che ridono), Ermanno Olmi (Lungo il fiume), Giuliano Montado (L’Agnese va a morire), Gillo Pontecorvo (La missione del Timiriazev) e Carlo Mazzacurati (da Notte italiana a La giusta distanza). Ma anche Comencini, i fratelli Taviani, Bertolucci, Magni, Soldini, Elisabetta Sgarbi e Bigas Luna.

Antonio Pietrangeli: “La visita”  ©Reporters Associati & Archivi
Sandra Milo e François Perrier, in “La visita” di Antonio Pietrangeli ©Reporters Associati & Archivi

Il percorso della ricostruzione è affidato all’utilizzo di diverse tipologie di materiali, esposti in originale o in copie, stampe e ingrandimenti realizzati per l’occasione: foto di scena e di set, manifesti, locandine e materiali pubblicitari, documenti originali, sceneggiature, materiali d’archivio, videomontaggi di sequenze di film, documentari e sceneggiati TV, interviste filmate ai protagonisti.

Ne abbiamo parlato con Barbera che ci ha raccontato scoperte e sorprese del suo incontro con il Polesine. «In Polesine non c’ero mai stato, avevo un’immagine di quella terra legata ad alcuni film, da Visconti e Rossellini a Mazzacurati. Quando mi hanno proposto di curare questa mostra ho accettato spinto dalla curiosità e dalla possibilità di conoscere questa terra e di fare un viaggio, in senso letterale e metaforico, in questo cinema. Sono stato in Polesine per alcuni giorni, ho conosciuto delle persone fondamentali, appassionati collezionisti impegnati per anni a mettere insieme documenti, informazioni, materiali che mi hanno messo poi a disposizione. Metà del lavoro l’hanno fatto loro, in particolare Silvia Nonnato, un archivista di Adria che ha una collezione di 30mila manifesti e materiali pubblicitari su gran parte dei film girati in Polesine, e Ferdinando De Laurentis, un regista di Rovigo che ora dirige una scuola di cinema e che per passione ha collezionato tutte le copie dei film girati in quelle zone. Non sono quindi partito da zero».

Pupi Avati: “La casa dalle finestre che ridono”; scena girata a Porto Caleri, Foto © Cesare Bastelli
Pupi Avati: “La casa dalle finestre che ridono”; scena girata a Porto Caleri, Foto © Cesare Bastelli

Cos’hai scoperto lavorando a questa mostra?

Che il Polesine è la culla del neorealismo italiano perché Ossessione e Gente del Po sono stati girati là nel 1943. Il fascino che ha esercitato e continua a esercitare il Polesine sui registi è dovuto all’unicità di questo territorio, una terra di confine in tutti i sensi, un tesoro unico nel nostro paese, affascinante e arretrato per certi versi perché andare nel Delta del Po significare fare un viaggio nel tempo, in un luogo rimasto com’era nell’immediato dopoguerra e che non ha subito alcuna trasformazione legata all’industrializzazione del paese o alla cementificazione del territorio. Tutto è ancora quasi intonso, ricco di un fascino strano legato alla bellezza della natura, ma anche alla sua forza distruttiva.

Eppure i film girati in quelle zone testimoniano un’evoluzione.

Il Polesine è comunque lo specchio dei grandi mutamenti avvenuti all’interno del cinema italiano e della narrazione. Si comincia con fortissima impronta neorealistica che prosegue fino agli anni Settanta, anche quando il cinema comincia a frequentare altri generi – dalla commedia al melodramma – e a contaminarli. Penso a La donna del fiume di Soldati, che lancia Sofia Loren con un melodramma fiammeggiante, coloratissimo e fotoromanzesco. Successivamente quel territorio diventa una semplice location di film ambientati altrove oppure una zona paesaggio, attraversata da tanti road movie. Come diceva in un’intervista Mazzacurati, il Polesine è anche una pagina bianca dove mettere ciò che si vuole, utilizzando un territorio piatto e disponibile. Ivan Zuccon ha girato lì sei horror movie mai distribuiti in Italia, ma che all’estero sono divenuti di culto. Ma chi ha sdoganato l’eredità post neorealista del Polesine è Pupi Avati quando ha diretto l’horror La casa delle finestre che ridono: ha capito che in Polesine si potevano ambientare anche storie diverse da quelle legate al sottosviluppo di un territorio che è “il sud del nord”, aprendo una porta attraverso cui sono passati molti altri registi.

Luciano Ligabue: “Made in Italy”, Stefano Accorsi, Fotografia di JarnoIotti © Fandango ©JarnoIotti/ZooAperto2018
Luciano Ligabue: “Made in Italy”, Stefano Accorsi, Fotografia di JarnoIotti © Fandango ©JarnoIotti/ZooAperto2018

Il film più belli?

Di certo i primi, come Ossessione e Il grido, e poi i film di Mazzacurati, anche quelli meno conosciuti come L’estate di Davide, uscito senza molta fortuna, ma a cui lui era molto legato. La giusta distanza ad esempio raccontava nel 2007 la trasformazione sociale del Polesine, l’impatto dei primi immigrati in Italia sulla vita di quella zona. E poi il documentario Gente del Po, film di esordio di Antonioni, anche se è ormai solo un frammento di quello che avrebbe dovuto essere, un film di cinquanta minuti. Ma a causa della guerra è andato perso quasi tutto e rimangono solo nove minuti di prologo.

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