Napoli – New York, la recensione del film di Gabriele Salvatores con Pierfrancesco Favino

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Dea Lanzaro e Antonio Guerra, Napoli - New York Salvatores
Dea Lanzaro e Antonio Guerra, Napoli - New York

Tratto da una sceneggiatura di Tullio Pinelli e Federcio Fellini, Napoli – New York è il nuvo film del Premio Oscar Gabriele Salvatores che vede protagonista Pierfrancesco Favino con due piccoli straordinari interpreti, Dea Lanzaro e Antonio Guerra, nei panni di due scugnizzi in fuga da Napoli alla ricerca di un futuro migliore negli Stati Uniti. 

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IL FATTO

Due ragazzini, Carmine e Celestina, fuggono fortunosamente dalla Napoli devastata del primissimo dopoguerra per imbarcarsi clandestinamente per New York: il piano è raggiungere la sorella di lei, trasferitasi negli Usa anni prima. Nella traversata li accompagnano tanti altri migranti italiani. Un commissario di bordo, americano nato da genitori italiani, si dimostrerà migliore di quanto sembri all’inizio.

L’OPINIONE

Ha ragione Pierfrancesco Favino, convincente protagonista adulto del film, nel dire che “questa storia ha qualcosa di magico. È come una lampada delle fiabe riscoperta in un baule, che Gabriele ha saputo strofinare. Ha un respiro che forse il cinema di oggi fatica ad avere“. Perchè Napoli-New York mescola fiaba e descrizione di realtà drammatiche con una sapienza che coinvolge, attrae, a tratti commuove.

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Salvatores torna sul tema del viaggio, della fuga, che ha scandito le sue prove registiche più applaudite, con la sapienza che gli è riconosciuta. Ma abbandona gli spunti concettuali degli ultimi anni per costruire un racconto più popolare, pur nella sua eleganza, raccontando una storia per tutti in grado di stregare il pubblico e farlo riflettere su argomenti importanti del nostro tempo: le migrazioni, il futuro di chi parte svantaggiato, l’insopprimibilità dei riferimenti morali.

Favino è al suo meglio, nel ruolo dello scaltro italiano che “gliel ha fatta” a prendersi un pezzetto di sogno americano, ma non sa dimenticare le origini. E I due bambini sono addirittura strepitosi nel calarsi in personaggi che sembrano provenire direttamente dal migliore cinema degli anni ’60. Il risultato è che si esce dalla sala con la sensazione di benessere tipica di quando un film ci ha conquistati.

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Per trovare riferimenti convincenti, bisogna andare indietro fino a titoli come Ladri di biciclette o Sciuscià, a cui non era richiesta la carica di magia positiva che Napoli- New York sa sprigionare. Anche il bel L’ultima volta che siamo stati bambini, che lo scorso anno ha visto Claudio Bisio esordire dietro la macchina da presa, ha punti di contatto, o il drammatico e recentissimo Blitz di Steve McQueen. Ma in fondo il titolo più simile per la miscela di dramma e fiaba, pur lontanissimo per la storia raccontata, è The Millionaire, diretto nel 2008 da Danny Boyle, vincitore di otto Oscar.

RASSEGNA PANORAMICA
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