Checco Zalone presenta Tolo Tolo: «Parlare di immigrazione è difficile: racconto anche i mostri dei nostri tempi»

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«Il personaggio che racconto non ricorda un politico in particolare: ha la carriera di Di Maio, è vestito come Conte e usa il linguaggio di Salvini. E’ un mostro dei nostri tempi». Checco Zalone, regista e protagonista di Tolo Tolo, in uscita il primo gennaio, replica così a chi gli chiede chi sia in realtà uno dei protagonisti del suo film nato poliziotto, diventato Ministro degli Esteri e arrivato fino all’apice della Commissione Europea. Il suo personaggio, Checco, è invece un italiano fuggito in Africa per evitare le tasse e il fisco italiano, costretto a tornare in patria, seguendo i migranti nelle loro rotte via terra e via mare.

Era bastata già la canzone Immigrato, uscita nei giorni scorsi, per dividere l’Italia tra favorevoli e contrari al ritorno di Checco Zalone al cinema con il suo film, dopo quattro anni di assenza. Ora dopo l’affollatissima anteprima stampa, in cui Zalone ha strappato diversi applausi, il dibattito si fa ancora più accesso. E’ dissacrante o razzista? «Ci aspettavamo di destare qualche polemica, ma non fino a questo punto – ammette Zalone – Con la canzone Immigrato non mi aspettavo di essere argomento di dibattito nei talk show, poi dopo un po’ la polemica mi ha anche stancato, per cui ho smesso di seguirla. I social sono un megafono, dove spesso le critiche provengono da un esiguo numero di persone, ma poi i giornalisti creano la polemica perché è più interessante dal punto di vista della comunicazione. Non è che io abbia sofferto, anzi cinicamente è stato un buon battage pubblicitario».

Il film, scritto da Zalone e con Paolo Virzì, prodotto dalla Taodue di Pietro Valsecchi, sarà distribuito nella sale da Medusa Film in oltre mille copie. Le aspettative sono alte, per tutti. «E’ inutile fare gli ipocriti bisogna incassare e speriamo di riempire le sale anche stavolta, anche perché Valsecchi ha speso un sacco di soldi», sorride Zalone che per la sua prima volta da regista preferisce firmarsi con il suo vero nome e cognome, Luca Medici. «Quando sono andato a girare, ho realizzato l’immensa difficoltà della regia, perché avevo tutto in mano, in certi momenti avrei voluto non aver fatto quella scelta. E’ stato un lavoro faticosissimo, perché in venti settimane di riprese si è accanita anche la sfortuna: ha piovuto nel deserto e non succedeva da vent’anni». 

Non era facile affrontare il tema dell’immigrazione restando sempre in bilico tra l’ironia e la poesia, raccontando il viaggio del migrante italiano, costretto a tornare in un’Italia dove un semplice poliziotto diventa Ministro degli Esteri e le tasse ti mangiano vivo se prima non trovi un modo per evitarle. «Rischiavo di cadere nella presa per il culo cinica o nella ruffianata», ammette Zalone, che non rinuncia a mettere in scena anche un barcone che si rovescia, con i migranti in mare che cantano come se fosse un musical di Esther Williams. Un’iperbole evidente, accompagnata da una delle tante canzoni che l’autore ha composto per questo film. «In realtà è nata prima la canzone e poi quella scena – ammette Zalone –  E’ una canzone di speranza visto che in acqua i naufraghi cantano: “Nell’emisfero c’è sempre uno stronzo più nero”».  

Zalone non teme il giudizio dei politici. Un film antisalviniano? «Non mi pongo il problema, ma non c’è proprio Salvini». Il suo primo spettatore vorrebbe che fosse il Papa, e intanto si difende anche dalle accuse di “sessismo” arrivate per via della sua protagonista, (Manda Tourè), Idjaba, una donna forte in un mondo di uomini, disposta a tutto per portare in salvo il piccolo Doudou (Nassor Said Birya). «Non ho spogliato Manda, non si vede né una doccia, né una tetta, le ho regalato un personaggio interessante e profondo – sottolinea Zalone –  Manda è colei che ci porta in salvo, ho sentito che qualcuno ha parlato di maschilismo, ma su questo proprio non ci sto». Nel cast figurano anche Nicola Di Bari, Barbara Bouchet e Niki Vendola, che fa un piccolo cameo prendendosi serenamente in giro. «Checco ha fatto un film che non solo fa sorridere, ma anche commuovere – conclude Vendola – Sono orgoglioso di essere stato una microscopica parte di questa meravigliosa avventura». 

Tiziana Leone