“Jailbreak”: lo strano caso del milanese della Cambogia

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Non so se ci sia un titolo più curioso di questo, pur in un programma così rutilante di novità e chicche come quello del 19mo Far East Festival (Udine, 21-29 aprile), con i suoi 83 titoli in selezione tra cui quattro anteprime mondiali, scelti tra il meglio di 12 paesi (tra cui per la prima volta il Laos), più un capolavoro restaurato (Made in Hong Kong di Fruit Chan). Eppure il titolo scelto per la Opening Night ha più di un motivo per eccitare il cinefilo.

Jailbreak è infatti un action movie tutto arti marziali proveniente dalla Cambogia. E sin qui niente di particolare, senonché e firmato è montato da un occidentale, Jimmy Henderson, che, a dispetto del nome britannico, è un milanese puro, nato e cresciuto all’ombra della Madonnina e trasferitosi a Londra verso i 19 anni e poi dal 2011 residente in Cambogia: “Nel 2009 ho ricevuto dei fondi dal British Arts Council per girare un documentario in Romania sulle comunità rom, The Strangers Within. Gli ultimi due anni a Londra stavano diventando pesanti e ho incominciato a pensare spostarmi da qualche altra parte. Fortunatamente a quel tempo avevo un amico in Cambogia. L’ho raggiunto, trasferendomi 5 anni fa e più”.

Dopo aver firmato Hanuman (2015) e The Forest Whispers (2016), con Jailbreak Henderson ha voluto rendere un omaggio al super adrenalinico cult The Raid, cui un po’ sicuramente deve. Definito il primo “action movie” cambogiano, il film si incentra su quattro poliziotti chiamati a scortare e proteggere un criminale chiamato Playboy. In effetti questi sta per trasformarsi in un perfetto testimone “segreto”, pronto a denunciare l’identità del suo capo, la cosiddetta Madame che gestisce appunto le attività della gang tutta al femminile The Butterflies. Per eliminarlo, la letale signora del crimine non esiterà a fare esplodere un’incontrollata rivolta nel carcere di sicurezza di Prei Klaa, dove insieme ai delinquenti “normali” (diciamo così) dimorano anche alcuni efferati psicopatici. Così oltre a salvare Playboy i quattro attrezzatissimi agenti dovranno combattere con tutti i mezzi per salvare se stessi, in una ininterrotta (pressoché) sequela di combattimenti che riempie tutta la durata della pellicola. Come si può facilmente intuire, l’intreccio è solo un pretesto per imbastire i combattimenti resi rutilanti non solo dalla fisicità acrobatica degli interpreti, ma anche da un montaggio assai abile (cofirmato dello stesso Henderson) e da una colonna sonora molto ritmata, in stile rap occidentale.

Massimo Lastrucci

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