Nichi Vendola al Lido per Bookciak: «Vorrei un film da God Save the Queer»

Il poeta, scrittore ed ex politico è alla Mostra del Cinema di Venezia come Presidente della Giuria del Concorso Bookciak, Azione. E ha parlato del suo rapporto con il cinema, dall'amore per Pasolini e per il grande cinema italiano che fu al legame con l'opera di Michela Murgia e l'apprezzamento per la serie Mare fuori

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«Non riesco a immaginare l’epilogo della storia del cinema: è come pensare alla fine della letteratura, o della pittura»: lo afferma Nichi Vendola, poeta, drammaturgo e già politico di lungo corso (esponente di primo piano di Rifondazione Comunista, poi di Sinistra Ecologia e Libertà, che ha co-fondato, e per due mandati alla guida della Regione Puglia), ospite dell’80ma Mostra del Cinema di Venezia come Presidente della giuria alla XII edizione di Bookciak, Azione!, che il 29 agosto ha celebrato la pre-apertura delle 20me Giornate degli Autori con la premiazione dei corti vincitori. Presente con lui all’evento anche la regista e sceneggiatrice Silvia Scola, figlia di Ettore Scola.

«Tre corti deliziosi, piccolissimi gioielli di giovani» sono per Vendola quelli che lui e i giurati Gianluca Arcopinto, Wilma Labate e Teresa Marchesi hanno incoronato vincitori: Fino alla fine dell’estate di Greta Amadeo (tratto dal romanzo La mia amica scavezzacollo di Micol Beltramini), Pozzanghere di Veronica Pellegrinet (dalla raccolta di poesie Sacro e urbano di Isabella Capurso) e ResoNumero0051, dei 24 studenti del corso di Drammaturgia Multimediale 2022-2023 dell’Accademia di belle arti di Brescia (rappresentato sul palco da Matteo Papetti), dal graphic novel Isometria della memoria di Davide Passoni. Allo stesso libro è ispirato il corto che ha ottenuto la Menzione speciale, Pensiero, Ricordo, Memoria della diciassettenne Anita Spivach.

Per la sezione speciale Memory Ciak (in collaborazione con Spi-CGIL, LiberEtà e Premio Zavattini), ha vinto Riccardo Malleo (studente del CSC) con Presente dilatato, da Il volo del pettirosso di Alvise Fretti. Una novità assoluta il Premio Forza Maggiore, al miglior corto dell’Onda Bookciak (formata dai corti vincitori delle passate edizioni) e assegnato (a La memoria del corpo) dalla Giuria Giovani tutta un’altra storia – Biografilm Festival, dell’Istituto Penale Per Minorenni Pietro Siciliani di Bologna. Dalle allieve detenute del liceo Enzo Rossi nel carcere femminile di Rebibbia è stato realizzato invece El Chuño Los Andes a Rebibbia (da Sacro e urbano).

Il concorso, ideato e diretto da Gabriella Gallozzi (in collaborazione con SGNCI e Spi-CGIL), ha scelto come tema per quest’anno Storie per restare umani, col pensiero rivolto alle inquietanti derive dell’attualità. E il cinema, Nichi Vendola ne è sicuro, può ancora rendere migliori noi stessi e la società: «Quando Loredana Rotondo ha firmato nel 1979 il film Processo per stupro, con i formidabili interventi dell’avvocata Tina Lagostena Bassi, è cambiata la storia dei processi per stupro in Italia, che mettevano sul banco degli imputati le vittime. Forse bisognerebbe far vedere quel film a certi giornalisti e a tutti coloro che ragionano con la logica del “Se l’è andata a cercare”, che è una delle logiche più indecenti e vergognose».

La settima arte, allora, «ha un potere di disvelamento di una realtà che i luoghi comuni, il cosiddetto senso comune, occultano e mistificano. L’arte in generale ma il cinema, con la sua capacità di proiezione di massa, ha consentito di uscire fuori dall’anonimato a soggetti che non avevano diritto di parola: pensiamo al rapporto tra il cinema e l’omosessualità: Oscar Wilde aveva detto “L’omosessualità è l’amore che non osa pronunciare il proprio nome”. Poi ci sono stati Pasolini, Fassbinder, il cinema ha tolto il velo, e questo ha contribuito a mettere in discussione i pregiudizi».

E, ancora più in generale, l’arte e la cultura sono non sono utili ma essenziali alla salute dei territori: «Se ho puntato per dieci anni sulla centralità degli investimenti in cultura nella mia regione, suscitando la famosa frase di Tremonti “Con la cultura non si mangia”, è perché ero convinto che senza cultura non si mangi, non solo perché un territorio che non abbia un’infrastruttura socioculturale è un territorio economicamente più povero, ma un territorio che non colleghi anche le attività economiche classiche ai saperi, penso l’agricoltura e l’università, è un territorio che vivrà un suo declino».

I film, non per nulla, sono tra le grandi passioni dell’ex Presidente della Puglia fin dalla più giovane età: «insieme alla lettura era una specie di malattia: andavo due o tre volte a settimana al cinema e quando ero adolescente i film belli, quelli che mi piacevano, li vedevo due o tre volte di seguito. Quindi ricordo i film di Jodorowski che duravano tre ore, entravo in sala con la luce e uscivo col buio!». Particolarmente formativo per Vendola è stato «il grande cinema italiano: De Sica, Visconti, Rossellini, Pasolini, Antonioni, Maselli, Ettore Scola, in alcuni casi registi che sono diventati amici carissime compagni di viaggio della mia esperienza».

Ma un discorso a parte lo merita Pasolini: «Per la mia generazione, lui è stato in modo dirompente un punto di riferimento, poi lo è stato anche per le generazioni successive, ma per me che risparmiavo in forme acrobatiche qualche lira per comprarmi il Corriere della sera quando uscivano gli editoriali di Pasolini, quella intelligenza luterana, quella capacità corsara di attraversare un’Italia melmosa, la grande palude dell’Italia clerico-fascista di quegli anni, anche di reagire al dolore della persecuzione del martirologio delle decine di processi e cento denunce che ha subito, il complesso delle cose che noi chiamiamo Pasolini, la saggistica, i romanzi, l’attività giornalistica, il cinema, le poesie, la drammaturgia, erano le espressioni prismatiche di una personalità di assoluto rilievo che non aveva occultato o manipolato la propria diversità e che in qualche modo la scagliava contro un potere che invece era ottuso, feroce, ignorante».

«I suoi film», prosegue, «anche a prescindere dalla tematica omoerotica, sono stati importanti perché erano refrattari a qualunque rischio di pedagogismo ideologico. Accattone, Mamma Roma sono dei film potenti dove non c’è nessuna intenzione propagandistica, anzi è il racconto progressivo della scomparsa dell’unico mondo in cui nasce la poesia, il mondo che sta fuori dalla Storia. “Io non amo la tua coscienza”, dice al popolo, “amo la tua natura».

Pasolini allora «è il corpo di una straordinaria serie di contraddizioni culturali e ideologiche che esibisce e lo fa gettando il proprio corpo nella lotta, costruendo una continuità tra vita e scrittura, tra scrittura e vita, immagine e parola. E poi c’è questa capacità di fare cinema avendo in testa non soltanto la grande letteratura ma anche la grande musica, la grande pittura, quello che io considero il suo capolavoro, La ricotta, è esemplare di tutto questo».

Oggi, peraltro, Vendola ammette di essere uno spettatore meno assiduo: «Avendo un bambino di sette anni i film li ho potuti vedere poco, in ritardo e sui network televisivi, perché un figlio è il film più impegnativo che uno possa vivere». Malgrado ciò, continua a definirsi «un consumatore compulsivo di immagini, nel senso che mi piacciono anche le serie televisive: per esempio sono fan di Mare fuori, confesso!».

Un libro che invece gli piacerebbe veder portato al cinema è «God Save the Queer, piccolo capolavoro di Michela Murgia»: ma tutti i libri della scrittrice scomparsa lo scorso 10 agosto a 51 anni, «meriterebbero di diventare film», perché Murgia negli ultimi anni «ha illuminato il buio di questo Paese».