Novembre, ve lo ricordate il Bataclan?

November – I cinque giorni dopo il Bataclan di Cedric Jimenez, in sala dal 20 aprile, con Jean Dujardin, ripercorre in chiave thriller la caccia ai killer della notte degli attentati terroristici a Parigi, una ferita già visitata dal cinema, non senza polemiche

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La sera del 13 novembre 2015; a Parigi fa ancora caldo e la gente siede all’aperto nei bistrot. Al numero 50 di Boulevard Voltaire c’è lo storico teatro del Bataclan dove suona una band inglese, gli Eagles of Death Metal, davanti a una platea stracolma. Sarà uno dei tre obiettivi degli attentatori suicidi dell’Isis. Chiuse in trappola, muoiono 97 persone tra cui l’italiana Valeria Solesin e sette kamikaze dello Stato Islamico. Altri 40 innocenti vengono uccisi nella notte mentre la paura corre tra le strade di Parigi e gli attentatori saranno oggetto di una caccia frenetica che porterà alla sbarra sette anni dopo l’unico killer sopravvissuto e 18 complici.

A raccontare in diretta il processo e lo strazio dei sopravvissuti uno scrittore che di noir della realtà si intende da sempre, Emmanuel Carrère. Adesso il cinema usa gli strumenti del thriller per raccontare invece l’azione dei “cacciatori”: la squadra speciale della polizia anti-terrorismo, la SDAT di cui fa parte Fred (nome in codice) che seguiva la traccia islamica fin dai giorni del massacro alla redazione del giornale Charlie Hebdo e dalla mancata retata ad Atene nel mese di gennaio. In sala questo mese, November – I cinque giorni dopo il Bataclan di Cédric Jimenez con il divo Jean Dujardin nella parte dell’implacabile Fred ha riaperto un filone di racconti che la Francia ha dedicato alla notte del Bataclan usando un punto di vista inedito: quello di chi non rimase paralizzato dall’orrore e spese giorni e notti insonni per inseguire Salah Abdeslam, l’ultimo kamikaze in fuga che non si era fatto esplodere. Jimenez è abituato a un uso spregiudicato e “muscolare” del racconto e i suoi poliziotti ricordano più l’ispettore Callaghan che il pacifico Maigret. Già il precedente BAC Nord con gli agenti dell’anti-droga di Marsiglia accusati di traffico e racket in un celebre caso di cronaca, aveva suscitato molte polemiche in patria per la strenua difesa dei “buoni” nonostante la brutalità dei loro metodi. Ma con November – I cinque giorni dopo il Bataclan ha a disposizione un meccanismo perfetto: lo scorrere del tempo nei cinque giorni che portarono alla cattura, a Saint Denis, del fuggitivo in una corsa disperata dal Belgio al Marocco, per trovare testimoni, prove, indizi. Ne risulta un thriller mozzafiato, servito da attori perfettamente in parte (citiamo solo Anaïs Demoustier, Sandrine Kiberlain, Jérémie Renier) che fa dell’aderenza alla realtà e all’emozione che ancora resiste nella memoria le sue armi vincenti.

Anaïs Demoustier in una scena del film

Si tratta però solo dell’ultimo film che tiene aperta una piaga sanguinante. Basti dire che il primo titolo dedicato al Bataclan (il tv movie di Antenne 2 Ce soir là di Marion Laine con Sandrine Bonnaire “angelo salvifico” in soccorso delle vittime) è stato a lungo bloccato per la messa in onda dopo una petizione popolare. L’accusa, poi tardivamente ritirata, riguardava il presunto sciacallaggio mediatico su una tragedia collettiva. Forse per questo molti dei film successivi, hanno scelto di mettere gli attentati sullo sfondo privilegiando il privato. Citiamo Amanda di Mikhael Hers uscito anche da noi col titolo Quel giorno d’estate (significativo il cambio di stagione), Vous n’aurez pas ma haine di Kilian Riedhof (che consuona stranamente con Non mi avete fatto niente, la canzone di Federico Moro ed Ermal Meta), Revoir Paris di Alice Winocour e perfino il corto di Emanuele Aldrovandi Bataclan.

La consegna del silenzio rispetto alle molte verità della notte parigina viene rotta dal migliore di questi titoli, Un anno, una notte diretto da Isaki Lacuesta nel 2022 con Noemie Merlant e Nahuel Pérez Biscayart ispirato al diario di un sopravvissuto. Anche in questo caso però le lunghe ore dell’attacco (che colpì luoghi diversi della capitale francese) rimangono sullo sfondo, ostaggio del ricordo di chi è scampato alla morte. Anche Zanka Contact di Ismael El Iraki e la mini serie Netflix 13 novembre: attacco a Parigi portano in primo piano le storie delle vittime. Come si vede c’è una netta frattura tra questa serie di racconti e l’episodio resuscitato dall’ “amerikano” Jimenez.

Cédric Jimenez sul set di “Novembre”

È come se soltanto il riscatto dello Stato potesse chiudere la ferita, attraverso un simbolico lavacro giustizialista che finalmente rimette a posto le coscienze. Se si guarda alla lunghissima serie di film dedicati a crudeli massacri si vede bene che sempre il mainstream si è diviso in questi due filoni: l’emozione per le vittime, il tifo per i cacciatori. Ma nel caso del Bataclan c’è in gioco l’emozione di un’intera civiltà che ancora non si capacita di veder cadere in pezzi il mito della tolleranza e dell’inclusione nato ai tempi dell’Illuminismo. Ecco perché forse la parola più sincera su questa guerra senza fine ci viene da una coproduzione indipendente italiana che adatta un sentire collettivo a una storia analoga. Sto parlando di The Shift, misconosciuto e promettente esordio di Alessandro Tonda, girato in Belgio con uno stile “alla Dardenne” e capace di fotografare con sensibilità lo scontro suicida di due idee del mondo.