Psicocinema al Lido: La Bête

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Per chi è abituato a maneggiare i sogni, il film La Bête è pane per i denti. Freud, a conclusione de L’Interpretazione dei Sogni dice: “è dal passato che deriva il sogno, in ogni senso. È vero, anche l’antica credenza che il sogno ci porta certo verso il futuro”. L’inconscio, infatti, è caratterizzato dalla A-temporalità. Non è il salto tra i piani temporali quello che colpisce del film, quanto una sospensione del tempo stesso. Il mondo di pulsioni, fantasie e desideri di cui non abbiamo una percezione consapevole, naviga in acque che non hanno un quando.

Ha un occhio altamente psicoanalitico Bertrand Bonello nel tracciare le fila di un film che si muove, come in una seduta, tra passato, presente e futuro per come la mente li percepisce. Come un unico spazio, in cui ci si muove tra paura e desiderio, rabbia, forza e fragilità. La Bete, infatti, è il mostro che si muove in ciascuno di noi, ci dice il regista. Unico modo per difendersi è conoscerlo, affrontarlo, attraversarlo. 

Lea Seidoux, Gabrielle nel film, non a caso si sdraia e naviga tra i ricordi del passato e i vissuti del presente, collocata nel futuro. In attesa dell’intervento sul DNA. Simbolicamente, infatti, noi, tutto di noi, siamo i nostri ricordi e quello che a noi hanno lasciato i nostri avi. 

Il film si muove intorno alla paura di una catastrofe incombente. Motivo per il quale la protagonista chiede aiuto. La vera paura legata alla fine disastroso di tutte le cose è proprio la dimenticanza del passato. Nella forma anche della storia intera dell’umanità. Senza quel passato, finisce il senso profondo di esistere, così come nel caso di perdita della possibilità di provare emozioni. Saremmo delle bambole senza anima, ci dice il film. Di una plastica facilmente infiammabile, destinata ad essere eliminata come spazzatura. La bestia. Il mostro, è anche la paura che di amare, mal anche di lasciare il rassicurante già noto per ciò che non conosciamo e non possiamo prevedere. Coraggioso, il linguaggio di  Bonello, perché non lascia scampo, mette all’angolo. Tocca note profonde, che sono le uniche a dare tonalità a quelle dell’anima.